Baby Driver: la recensione di MatteoArfini

Edgar Wright ridimensiona il format dell’action movie portando una ventata di aria fresca (finalmente) al genere con Baby driver, un calibrato mix di commedia, romanticismo e  azione appunto dove ogni elemento é legato all’altro grazie al vero punto chiave di tutta la pellicola: la colonna sonora. Fin dalla scena iniziale il ritmo del film è scandito da ben 35 singoli che variano da un genere all’altro (pop, rock, Funk), inseriti ad hoc nelle sequenze, dove la musica diventa la vera colonna portante della scena, scandendone  il ritmo e la durata (come in quella indimenticabile della sparatoria con i fornitori di armi, quasi “ridicolizzata” dalle note del remix di “Tequila”  dei The Button Down Brass). Tutto ciò trova anche una sua giustificazione all’interno della trama, in quanto la musica che sentiamo è la stessa che rimbomba nelle cuffie del protagonista Baby (Ansel Elgort), che a causa di un problema alle orecchie è dunque “costretto” ad alleviare il fastidio con le sue infinite Playlist. Inoltre ad aggiungere tono alla pellicola dobbiamo considerare i convincenti e spassosi personaggi interpretati da Jamie Foxx (il cui nomignolo non a caso è “pazzo”) e Kevin Spacey ( l’inamovibile boss che sotto sotto nasconde anch’esso un cuore), nonché la dolce Deborah (Lily James) che ci porta indietro agli anni 50 e ai famosi “Drive in”, la cui love story con Baby é concepita alla vecchia maniera, con appuntamenti romantici e telefonate al lavoro. La trama dunque scorre alla perfezione, sempre ad alto tasso adrenalinico, grazie alle numerose scene d’azione tragicomiche, intervallate da intermezzi romantici ma anche drammatici, e soprattutto non perde il proprio ritmo neanche per un attimo ( a mio parere l’aspetto migliore del film), costringendo nel bene e nel male lo spettatore a rimanere sulle spine fino alla fine. Merito quindi di una regia solida, dove la macchina da presa viene continuamente mossa in modo frenetico, quasi nevralgico, con un risultato che però non risulta mai eccessivo, ma che ti risucchia in un vortice di rombi di auto, stridii di ruote sull’asfalto e musica, tanta tanta musica fino all’happy (?) ending.
Se quindi non si può affermare che a Hollywood manchino le produzioni finalizzate al puro entertainment (pensiamo alla saga Fast and Furious), di certo mancava un film che oltre all’aspetto visivo ci donasse anche qualcos’altro, lasciandoci una sensazione più profonda che il semplice divertimento. Questo è dipeso dal tocco di personalità che Edgar Wright ha donato alla pellicola, personalità di cui i blockbusters sono sempre più carenti.

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