Baby Driver

L'heist movie a tempo di musica di Edgar Wright diverte e riesce, almeno in parte, a rinfrescare un genere in cui resta davvero poco da inventare

Ansel Elgort in Baby Driver

A dire il vero, dopo aver visto il trailer di Baby Driver, era lecito aspettarsi una sequenza di stunt ai limiti dell’incredibile, con gymkhana degne del miglior Ken Block e in cui i drift a bordo della Subaru Impreza rossa fiammante visti nei primi footage dovevano essere solo un prelibato antipasto.

Invece no. I punti di forza dell’heist movie confezionato da Edgar Wright stanno altrove e la componente puramente action non è tra questi. Per differenziarsi e proporre qualcosa di nuovo in un genere inflazionato, l’incipit propone un protagonista decisamente sui generis. Si tratta appunto del giovane Baby (Ansel Elgort): il ragazzo ha perso la famiglia da bambino in uno spaventoso incidente d’auto, a cui è miracolosamente sopravvissuto riportando però un grave danno all’udito che lo costringe ad ascoltare costantemente musica in cuffia per attutire un acufene permanente. Baby sviluppa un incredibile talento alla guida rubando fuoriserie, un talento che è costretto a mettere al servizio di Doc – boss della malavita (interpretato da Kevin Spacey) a cui il giovane ha rubato per errore un auto con un carico molto prezioso andato perduto: un debito che deve appunto saldare partecipando come pilota a una serie di rapine. Tra una banca e l’altra, Baby incrocia in un diner lo sguardo di Debora (Lily James), cameriera con cui scocca immediatamente il colpo di fulmine e insieme a cui fantastica di un futuro migliore e lontano dai guai. A Baby manca solo un ultimo colpo per porre fine alla sua carriera criminale forzata e chiudere per sempre col passato, ma ovviamente qualcosa non va per il verso giusto.

Il cuore pulsante di Baby Driver è senza dubbio la sua colonna sonora: per tutta la durata del film siamo accompagnati dalle playlist che Baby sceglie come sottofondo nei suoi auricolari e le immagini “rotolano” in maniera dannatamente efficace sul groove di brani come I got the Feeling di James Brown, Debora dei T-Rex passando per Beach Boys, Blur e Berry White. E se la parte action non fa gridare al miracolo per spettacolarità, è altrettanto vero che il montaggio sonoro e visivo di ogni scena, spezzato dalle note tra battere e levare con una precisione ai limiti del click del metronomo, è senza dubbio l’elemento più sorprendente. Spicca su tutte la sequenza di un duello “automobilistico” tra Elgot e Jon Hamm ambientato in un parcheggio e coreografato sulle note di Brighton Rock dei Queen (un brano, come molti della soundtrack, non scelto a caso, visto che il testo parla proprio di una love story in cui le circostanze impediscono agli amanti di stare vicini). Ed è proprio in questa specialissima maestria nel saper coreografare pedali, marce, controsterzi e riff musicali che spicca il genio di Wright. Emerso grazie a quella che viene chiamata la Trilogia del Cornetto (L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo) – il regista era stato pure ingaggiato dalla Marvel per Ant-Man, progetto che è stato poi costretto ad abbandonare per divergenze artistiche. E gli pneumatici del suo Baby Driver fischiano anche in segno di rivalsa nei confronti della Casa delle idee.

Anche la chimica che scatta e unisce la coppia formata da Ansel Helgort e Lily James – con un’aurea romanticissima da amanti sfortunati in fuga – è da inserire tra gli elementi più riusciti del film. Promosso anche il boss criminale interpretato da Spacey: glaciale, pericoloso e vendicativo ma pure dotato di una pungente ironia. Meno incisivi gli altri delinquenti, ovvero i personaggi interpretati da Jon Bernthal, Jon Hamm, Eiza Gonzalez e Jamie Foxx, invischiati in personalità al limite dello stereotipo e incastrate in una sceneggiatura che non lascia molto spazio a colpi di scena degni di nota.

Edgar Wright confeziona quello che potremmo definire un musical 2.0, e sceglie le note blues-rock come chiave per scandire e raccontare la storia di riscatto di un personaggio protagonista piuttosto suigeneris. La sua arma migliore, oltre alla scelta di brani azzeccatissimi, è un montaggio dalla precisione chirurgica, capace di garantire un ottimo ritmo all’azione e di divertire lo spettatore nonostante un susseguirsi degli eventi piuttosto telefonato.

Mi piace: il montaggio travolgente di alcune sequenze, studiato ad hoc sulle note della colonna sonora

Non mi piace: alcuni personaggi di contorno sono stereotipati e troppo prevedibili

Consigliato a chi: ha voglia di godersi un action dal cuore tenero, accompagnato da una soundtrack di alto livello

Voto: 3/5

 

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