Biancaneve e il cacciatore: la recensione di Joan Holden

Ricordate la Biancaneve della nostra infanzia disneyana, tutta presa a preparare torte, rifare i letti ai nani, gorgheggiare con gli uccellini? Bene, dimenticatela, perchè la Biancaneve del 2012 al posto della scopa impugna la spada e invece di canticchiare agli animali del bosco arringa una folla di soldati per muovere alla riconquista del suo regno, neanche fosse Giovanna D’Arco.
Nella pellicola di Rupert Sanders il vero sesso forte sono le donne: siano esse la matrigna, interpretata dalla sempre bravissima Charlize Theron, Biancaneve, impersonata dalla decisamente meno dotata Kristen Stewart, o le donne del villaggio dove la fanciulla trova riparo, pronte a mortificare il proprio aspetto per scampare alla fame di bellezza della Regina.
Al confronto gli uomini ci fanno una magra figura: il fratello della Regina è un debole, una pedina nelle mani della sorella; il principe azzurro è insipido, suo padre un codardo che preferisce l’esilio all’onore. L’unico a salvarsi di fronte a cotanta mascolina debàcle è il Caciatore del titolo (Eric, cui presta il volto Chris Hemsworth, recentissimo Thor), sempre attaccato alla bottiglia ma ammirevole per schiettezza e sincerità.
Obbligatorio mettere a confronto le due protagoniste del film, un confronto dal quale Kristen Stewart ne esce sconfitta sotto tutti i punti di vista.
Della recitazione, ça va sans dire, con le sue smorfiette e la sua goffaggine perfette forse per il ruolo di Bella, improbabili per quello di una principessa, seppur guerriera.
Della bellezza, raffronto inevitabile vista la storia raccontata: checchè ne dica lo specchio-gong non esiste regno, per quanto fantastico, in cui la Stewart possa risultare più avvenente della Theron. (A proposito, Kristen, capisco che quando una è in armatura in groppa a un cavallo, l’estetica è l’ultima cosa a cui pensa e comprendo che i capelli legati siano più congeniali nella frenesia della battaglia…ma con le orecchie a sventola che ti ritrovi più che Biancaneve parevi Dumbo!)
Charlize Theron è la vera e unica regina del film, quella che tiene in piedi la baracca. La sua Ravenna strappa cuori, urla a squarciagola, è una Dissennatrice che al posto della speranza risucchia la giovinezza. Terribile nella sua perfidia, ma allo stesso tempo fragile e umanissima nel suo disperato tentativo di conquistare la bellezza eterna. Perchè bellezza vuol dire potere, vuol dire non venir gettate via come uno straccio dall’uomo padrone al primo sfiorire della gioventù.
Se la Grimilde disneyana è assurta a ruolo di icona gay per il suo vestiario simil-drag queen, Ravenna potrebbe diventare la palaidne di tutte quelle signore agé che affollano i salottini dei chirurghi estetici.
Passiamo ora al raffronto tra i due uomini che si contendono le attenzioni di Bancaneve.
Il “Principe Azzurro”, che qui non è principe ma al massimo aspirante al titolo di Duca del padre, è l’amichetto d’infanzia che, una volta cresciuto, dà candidamente per scontato l’amore di Biancaneve nei suoi confronti. Povero illuso, Non ha fatto i conti col rozzo e sbronzo Cacciatore, consapevole della sua natura semplice e dei miglioramenti che una donna (la moglie defunta prima, la compagna di viaggio poi) può generare in un uomo.
D’altronde una Biancaneve guerriera cosa se ne fà di un principe cavaliere che la conduce al suo castello in groppa a un destriero, quando la ragazza è alla testa di un esercito pronto all’assalto per riconquistare il SUO di castello? Una Biancaneve che non lascia fare il lavoro sporco ai nani, ma si sporca lei stessa le mani per eliminare la Regina.
Quando allora l’inganno si nasconde sotto le spoglie del vero (?) amore e il bacio del Principe Azzurro non ridesta la Bella, è il momento di riscrivere la storia: perchè una principessa moderna non ha bisogno di un uomo che la salvi, ma di un uomo che combatta al suo fianco.
“Biancaneve e il Cacciatore” è un film apprezzabile per la riscrittura della favola, notevoli i costumi e gli effetti speciali, ma risulta un pò sempliciotto nel suo insieme e sono eccessivi i rimandi a ben più memorabili fantasy (i burberi nani ricordano quelli del Signore degli Anelli, la scena del cavallo nelle sabbie mobili è presa pari pari da La Storia infinita, le battaglie non reggono il confronto con quelle che hanno affollato gli schermi negli ultimi anni. Citazionismo eccessivo o mancanza di fantasia?).
Il finale aperto minaccia un seguito.

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