Dio esiste e vive a Bruxelles: la recensione di Mauro Lanari

Come di consueto, Van Dormael realizza un film pìù presuntuoso ch’ambizioso e più spavaldo che coraggioso. Incapace di coglier’i propri limiti e quindi la propria superficialità, stavolta il suo genio svampito rispolvera senza segni di consapevolezza forse la più antica eresia del Cristianesimo, quel marcionismo che, trovand’inconciliabili la violenza dello JHWH anticotestamentario e la presunta misericordia del Dio neotestamentario incarnatosi, propose un diteismo dualista che al Creatore funesto demiurgo del Giudaismo opponev’il Messia della Nuova Alleanza evangelica. L’idea alla base di “Le Tout Nouveau Testament” ha perciò un’originalità vecchia d’oltre 1800 anni. Anche lo svolgimento di tale concetto con una creatività iperbolica di rara suggestione visiv’e surreale è sconclusionato. “Il problema col cinema del regista belga è che tutto quello che lo rende spettacolare e sorprendente, l’umorismo, l’oniricità, il lirismo, le sospensioni, le metafore, l’incursioni nel fantastico, i folgorant’intermezzi, finisce quasi sempre per annullarne [acume] e sostanza”. Solo cinque lungometragg’in oltre trent’anni di carriera possono sembrare pochissimo se non fosse che tematiche filosofiche, toccanti passioni uman’e cosmiche, debordant’intuizion’immaginative hanno patito un approccio pressapochista, abborracciato, congenitamente naïf: un misto fra commozione e divertimento, sorpresa e riflessioni rovinato da una cronica inettitudine nell’evitare la musichetta furba, il melò involontario, l’enfasi fuori controllo, l’epilogo di disarmante faciloneria. “I veri protagonisti son’i sei neo-apostoli, campionario simbolico evocativo dell’umanità. Il segreto della propria morte e l’incontro con Ea trasfigur’il sestetto di ‘beautiful loser’ in persone a contatto con la propria autentica essenza, poiché non c’è più paura, non ci sono più scuse, c’è sol’un ridicolo lasso di tempo che si consuma inesorabilmente e, inaspettatamente, la libertà d’essere felici.” Tolto l’inferno del patriarcato, “il paradiso è su questa terra”, a patto però che la felicità sia a malapena “da barzelletta” (cit.). Comunque gustosa la prova attoriale dell’intero cast. “Sono sempre meno, e sono sempre più difficili da scovare (specie nelle sale nostrane), gl’autori capaci d’osare spingendo la loro fantasia verso nuovi lidi.” Dunque “avercene di film così al giorno d’oggi che rischiano, tentano di percorrere strade diverse”. E se invece Jaco Van Dormael imparasse prim’a esser’all’altezza delle proprie velleità?

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