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Elle: la recensione di Mauro Lanari

Elle: la recensione di Mauro Lanari

La “politique des auteurs” dei Cahiers colpisce ancora: dopo “Toni Erdmann”, da loro nominato film dell’anno 2016, “Elle” al 2° posto. La Huppert ci risciorina il suo unico pony da battaglia, quello della femme crudele, cinica, luciferina, “jenseits von Gut und Böse”. Pure Verhoeven s’è intruppato nella bolgia d'”autori” che l’intellighenzia giudica meritori poiché all’ipocrisia del “politically correct” contrappongono, seguendo un’idiota logica binaria, l’esaltazione del trash quanto più osceno, riprovevole, disgustoso. Ancor meglio s’abbinato a una liberatoria ferina naturalezza da buon selvaggio. Nietzsche e Rousseau a braccetto: così parlò (e scrisse) Lyotard nel ’79, così è d’allora. “La vergogna non è un sentimento così forte da impedirci di f[ilm]are di tutto, credimi.” “Non è una scusante, è ignobile.” “Anche peggio, volendo.” Cimitero. Sipario. 130 minuti di vomito.

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