Happy Feet 2: la recensione di Emilia Iuliano

Il primo amore non si scorda mai. Soprattutto se ha vinto un Oscar. Con il suo Happy Feet 2 George Miller ci riporta tra le distese di ghiaccio dell’Antartide (rese ancora più suggestive dalla profondità del 3D), per scoprire il destino di Mambo e Gloria e del loro cucciolo Erik. Lo schema del primo capitolo si ripete nel passaggio di testimone generazionale. Come suo padre, che veniva deriso dagli altri pinguini perché privo di talento canoro ma incredibilmente dotato per la danza, anche il piccolo Erik dovrà accettare la sua diversità e trovare la sua strada. Un percorso in cui imparerà a sue spese che la via più semplice e attraente non sempre è quella giusta e che dietro la maschera di un eroe può nasconersi in realtà un codardo impostore.
Il film, dunque, segue gli stessi meccanismi di una “fiaba morale” come Pinocchio – non a caso fonte di ispirazione del regista -, puntando sul rapporto padre-figlio.
Miller, d’altra parte, recupera anche riminiscenze del suo stesso background anche in questo secondo film, condendolo con siparietti comici – affidati specialmente al buffo Ramon e alla new entry Sven (il pinguino che sa volare e diventa l’idolo di Erik) – e hit musicali rivisitate da Rhythm Nation a Sexyback, fino ad Under Pressure, passando per un sorprendente excursus nell’opera. Ma, rispetto al primo, in Happy Feet 2 si fa più pregnante il messaggio ambientalista: il percorso introspettivo di Erik, infatti, viaggia parallelamente a un catastrofico evento naturale che potrebbe compromettere l’esistenza dell’intero clan dei pinguini imperatore, imprigionati da un enorme iceberg staccatosi dalla calotta antartica a causa del surriscaldamento del Pianeta. Indifesi, i pinguini chiedono l’intervento degli alieni (gli uomini), che si dimostrano assolutamente incapaci di rimediare ai disastri ambientali di cui sono responsabili. E, quasi come una triste profezia (che tuttavia ha ancora il sapore di un monito), la natura dovrà provvedere a se stessa da sola.

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Mi piace
Il messaggio educativo/ambientalista è un tema portante e funzionale allo sviluppo del film, non un banale corollario

Non mi piace
Il villain non è veramente tale: non riesce a competere con il carisma di Mambo e suo figlio, e la sua redenzione sembra fasulla

Consigliato a chi
Per dirla con il regista George Miller: «All’adulto che è nel bambino e al bambino che è nell’adulto»

Voto
3/5

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