Il ragazzo invisibile: la recensione di Mauro Lanari

12÷13enne dalla sfiga fantozziana, vessato dal bullismo di due coetanei teppistelli, innamorato non corrisposto, adottato, orfano di padr’e anch’incompreso, svagat’a scuola, socialmente visibil’o invisibile però mai al momento giusto, non popolare fra i compagni, non brillante nello studio, non talentuoso nell’arte o nello sport, intrappolato nella routine quotidiana, spacciato da Salvatores come summa delle problematiche adolescenziali, peggi’ancora (tra)sfigurate dalla sua ossessione registica per l’allegoria. Situazioni inverosimili, personagg’improponibili, sceneggiatura televisiva, recitazione canina (salviamo Bentivoglio), musica che parte british e diventa melodia mediterranea, tono sempre sbagliato: intimista quand’ambirebbe all’action e viceversa, vale a dire infima “gestione tra la figura pubblica (l’eroe vero e proprio, quand’indossa la maschera o il costume) e quella privata”. Allegria.

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