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Inside Out: la recensione di Andrea Diatribe

La mente umana e le emozioni sono qualcosa di molto astratto, e pensare di renderle figurabili e di raccontarci sopra una storia – facendolo bene e con particolare sensibilità – è ancora più impensabile: la Pixar, però, con “Inside Out”, suo quindicesimo film d’animazione, è riuscita nell’intento, rendendoci partecipe di un viaggio attraverso i processi cognitivi di Riley, una ragazzina di undici anni.
In questo film, diretto da Pete Docter (che ha già al suo attivo capolavori come “Monsters & Co.” e “Up”) insieme a Ronnie Del Carmen, le emozioni che si alternano nel Quartier Generale, centro di controllo all’interno della mente di Riley, sono cinque: Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto, ciascuna raffigurata in un personaggio. Ognuna aiuta e accompagna la bambina durante la crescita: l’unica che non riesce a trovare un suo ruolo è Tristezza, impacciata, sempre pronta a piangersi addosso e all’apparenza solamente nociva per la salute di Riley, ma che, in seguito ad un incidente che la vedrà coinvolta insieme a Gioia, capirà il suo compito e la sua importante utilità.
Se circa due terzi della storia sono la messa in scena della mente della bambina, il focus è perciò sul mondo interno, e le emozioni le vere protagoniste: coloratissime, tutte fortemente caratterizzate e motori di gag genuine e sagaci. Insieme alle emozioni ci sono altre geniali intuizioni che rappresentano figurativamente concetti molto astratti. Ad esempio, i ricordi sono sfere di luce che portano i colori delle emozioni che vengono loro associate; la memoria a lungo termine viene rappresentata come un gigantesco labirinto in cui i ricordi poco rilevanti vengono letteralmente aspirati, per far spazio a nuovi, da dei personaggi che ricordano tanto una ditta di pulizie; le Isole della Personalità, che hanno a che fare ciascuna con un diverso aspetto della personalità di Riley, senza dimenticarci gli studi cinematografici in cui si mettono in scena i sogni e il personaggio Bing Bong, l’amico immaginario dell’infanzia della bambina che avrà un ruolo chiave nella vicenda.
Possiamo separare quindi la storia in due ambienti che si oppongono nettamente: da una parte il mondo interno della mente con colori accesi e saturi; dall’altra il mondo esterno (sia le scene in Minnesota ma soprattutto quelle a San Francisco, dove la bambina si trasferisce con i genitori) con poco contrasto e colori spenti. Questo per farci percepire fin da subito il dramma emotivo che vive la bambina, e noi attraverso di essa possiamo riflettere anche sui nostri personali drammi del passato o sulla nostra attuale dinamica affettiva ed emotiva durante la visione del film.
È un film d’animazione per bambini che porta le tracce di un romanzo di formazione: la perdita dell’innocenza di Riley e il suo ingresso nell’adolescenza fatta di sentimenti contrastanti e in cui, come ci insegna il film stesso, ogni sentimento e stato d’animo merita di essere vissuto pienamente, compresa la tristezza che deve essere accettata nella vita di ognuno e con cui, grazie ad essa, si riesce a capire il vero significato della felicità.
Le tematiche affrontate lo rendono fruibile tanto da un pubblico di giovanissimi quanto di adulti: “Inside Out” è quindi in poche parole un altro capolavoro di casa Pixar, capace di emozionare, e tanto.

Voto: 5/5

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