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Io c’è

Non avrai altro Dio all'infuori di...te! La nuova commedia di Alessandro Aronadio con protagonista Edoardo Leo

Io c’è

Non avrai altro Dio all'infuori di...te! La nuova commedia di Alessandro Aronadio con protagonista Edoardo Leo

Io c'è: la recensione

Massimo (Edoardo Leo) è una cialtrone spiantato che ha ereditato un bed & breakfast, Miracolo italiano, ma è schiacciato sotto il peso delle tasse e dei suoi debiti precedenti. Per tirarsi fuori da questa situazione, decide di studiare il modello di lavoro delle suore sue dirimpettaie, che attraverso lo stratagemma delle libere donazioni riescono a non versare le imposte.

Massimo ha allora la classica idea talmente folle che potrebbe pure funzionare: crearsi ex novo una religione per godere dello status di luogo di culto e mettere in piedi un ostello esentasse. Nasce allora lo Ionismo, professione di fede in cui ognuno di noi è Dio, e recuperare il contatto con se stessi è l’aspetto fondamentale (l’unico battesimo possibile, per dire, è un rigenerante tuffo in piscina).

Edoardo Leo è probabilmente il volto più emblematico e ricorrente della commedia italiana degli ultimi anni, e non potrebbe essere altrimenti per un attore che dopotutto ha interpretato il Pietro Zinni della trilogia Smetto quando voglio e imbastito un percorso personale e autonomo anche da regista. Quel personaggio, combattivo e precario, adesso comincia a generare anche degli emuli veri e propri: è il caso del Massimo di Io c’è, protagonista del nuovo film da regista di Alessandro Aronadio dopo il caso Orecchie, film sghembo e surreale, alieno e liberissimo, e le sue non poche sceneggiature all’attivo (Che vuoi che sia dello stesso Leo, Classe ZI Peggiori).

Rispetto a Zinni, che rivisitava l’arte di arrangiarsi d’antica memoria aggiornandola all’assenza di certezze di una generazione mancata, il Massimo di Io c’è è un cialtrone vecchia maniera in tutto e per tutto, un solito noto tanto quanto Zinni e i suoi colti compari erano dei soliti ignoti 2.0: un mattatore inchiodato alla propria mediocrità e al futile gigantismo delle proprie ambizioni, che desidera addirittura fondare una religione dove non esistono comandamenti ma solo suggerimenti (“Ognuno è Dio” è solo la massima fondamentale), ma a trionfare, di fatto, è solo un individualismo pieno di risposte facili e usa e getta.

I riti dello Ionismo, celebrati al cospetto di uno specchio dozzinale raccattato al mercato romano di Porta Portese, più che messe sembrano blandi corsi di auto-aiuto, come peraltro sottolinea il personaggio più misterioso e ambiguo del film, la Teresa di Giulia Michelini, avventrice casuale del ritrovo di Massimo (dove tutti dopo un po’ cominciano a prendere sul serio lo Ionismo e i suoi benefici). Una delle tante fratture nel tessuto di un film comico tutt’altro che uniforme, che tenta di ridare lustro alla commedia all’italiana più classica e ruspante mescolandola con la crisi del sacro e con la dittatura di un Io sempre più al centro della ribalta, per quanto frammentato e frazionato.

I passaggi e le dinamiche, anche quelli più riusciti e gustosi, sono senz’altro prevedibili a dispetto del riuso creativo di queste tematiche, la complessità di vedute e gli stimoli pensosi che si vorrebbero suggerire, in rapporto alle religioni organizzate e ai loro paradossi sociali e dogmatici, sono altrettanto intuibili e risaputi, mentre dovevano e potevano esserci margini più ampi nelle pieghe dolorose del racconto, negli strascichi di un fideismo cieco e sordo ai propri bisogni reali.

Anche perché nell’evolversi del film i passaggi didascalici  abbondano, per l’obbligo di imporre la commedia a tutti i costi, e non c’è mai spazio sufficiente per mostrare la relazione di molti dei personaggi con i cortocircuiti e i paradossi della religiosità. La sorella di Alberto, grigia e anonima borghese interpretata dalla Buy, e lo scrittore senza lettori incarnato da Battiston, autore dello statuto dello Ionismo che minaccia addirittura uno scisma, sono stanchi riempitivi di contorno che si sottraggono a una dialettica reale col cuore del film, tra una risata e l’altra un po’ abbandonato a se stesso, come un tempio sconsacrato.

Mi piace: il tentativo di mescolare la commedia all’italiana alla crisi del sacro e alla dittatura problematica dell’Io, due tra i temi più contemporanei che si possano immaginare

Non mi piace: l’imposizione costante delle tonalità comiche, forse un po’ forzate e fuori posto con una materia del genere

Consigliato a: chi cerca una commedia italiana mainstream e rodata, capace di garantire le risate anche quando cerca di scomodare temi più alti

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