Jack Reacher – Punto di non ritorno: la recensione di loland10

“Jack Reacher-Punto di non ritorno” (Jack Reacher: Never Go Back, 2016) è il dodicesimo lungometraggio del regista di Chicago, Edward Zwick.
Ecco un regista che sa quello che vuole e che rincontra l’attore ‘samurai’ dopo qualche lustro, ecco un film che promette il giusto e lo mantiene (in parte) ma ecco alla fine un cineasta che dimentica qualcosa della sua iniziale carriera (alla grande con “A proposito della notte scorsa” e i premi a iosa per “Glory” del 1989). Ecco, appunto un film che forse si doveva fare ma non trova l’amalgama giusto nel duo. O forse Edward non trova più storie per le sue corde di ripresa; infatti ne sa di cinema (anche come produttore tra l’altro di ‘Traffic’) ma la verve spigliata di un plot per il suo animo resta ancora nel cassetto.
Il film, con Tom Cruise anche produttore, ricama il giusto volto asettico e plumbeo dell’attore per non spostarlo (e lui non sa altro che non spostarsi) dal suo inerme lineamento scontroso e un po’ arrogante.
Un’auto si ferma, due poliziotti scendono, dei corpi per terra, i soliti curiosi del set, un tipo di spalle al bar, un arresto affretto perché tra 60 secondi 60 (sembra già il titolo di un altro film) squillerà il telefono e i due in divisa verranno arrestati. Ecco la presentazione di Jack e del suo segugio in faccia e di quello che verrà in ogni occasione.
Una partita di armi, corruzione e polvere bianca, un uomo solo, famiglia e forse una figlia; una fuga, una promessa e tutto in un continuo nascondersi e assalto. Il nemico è dentro e l’esercito è disciplina. Tutto questo crede l’ex maggiore Jack Reacher che non ha voglia di perdere tempo e arrivare al sodo: un corpo a corpo cruento fino ad una violenza non propriamente fumettistica.
Il gioco dell’eroe solitario che cammina lungo le strade facendo l’autostop quasi per ‘rinverdire’ il sogno americano lungo le corsie delle lunghe vie da percorrere. E mai si vedono gli autisti perché Jack colpisce chi gli da fastidio non certo chi si ferma per un passaggio.
“Non mi piace essere seguito”….ma noi ‘comuni mortali’ seguiamo Jack nel suo girovagare e passo conosciuti per inoltrarci dentro al suo cervello…muscoloso che non fa sconti per nessuna ragione. Tom Cruise, ovvero l’eroe perfetto dell’ entertainment a stelle e strisce, ci mette ancora il suo carisma senza farsi perdonare nulla a 54 anni e mostra ancora il suo corpo dalla cintola in su. Certo il rischio del ‘plasticizzato’ per ogni evenienza e per ogni scontro c’è e chi sa se la ‘stuntman-ia’ di far tutto da solo ha retto o regge fino a quando. Lo stunt-Tom di se stesso. Eppure il passo veloce rischia di imbattersi in vertigini mai dome.
L’ostacolo non è quello di cavarsela sempre ma quello di dover antipaticamente reggere la struttura narrativa con grugni, corse, volto corrucciato e movenze da forzato signore con strisce carnose e fomenti grassi possibili: non si vuole far fare l’impossibile (proprio lui…) e chi sa quando il buon Tom si accorge(rà) di passare dal ragazzo fumante e volante al nonno fermo e indifeso? Certo per ora non ci pensa…tant’è sono in previsione dei sequel ancora adrenalinici e pomposamente vigorosi come “Top Gun 2” e “Mission Impossible 6”. Si dovrà fermare per forza e anche il pubblico…avrà da dire quando il film non piacerà più o perché troppo imbalsamato o troppo scuro per essere lucente e levigato. L’imbolsimento è già nei primi piani dell’eroe, e per chi scrive non vorrebbe mai, quindi è meglio evitare trucidi pestaggi e avvolgimenti corporei fuori onda. E il cinema, Certo ma…ogni limite ne ridice (e ricuce) la finzione.
Tom Cruise ovvero il fermo facciale per 3/4 di film poi qualche concessione e nel finale un leggero sorriso per un abbraccio che aspetti e che lui forse non aspetta. Il solito dire che il giovane che è in se si risveglia (ogni tanto).
Il divertimento serale ancora c’è ma il gusto dell’ironia e dell’acciacco non consentono sbavature. Tom Cruise è in pausa pranzo ma gira, come sa, un film dietro l’altro. Il ‘sicario’ Vincent di Collateral è di altro lustro e categoria come la ‘Mission’ filmica di De Palma. Lo stereotipo dei personaggi è di gran lunga il miglior contorno per un Jack che non sa più perdere.
L’ultima sequenza di spalle è da passo consolante…
Regia pari e mai dispari: tutto come conviene fare.
Voto. 6-/10.

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