La leggenda del cacciatore di vampiri 3D: la recensione di Diorama

Informandomi sulla TRAMA, come faccio usualmente per ogni film prima di andarlo a vedere, non ho potuto fare a meno di sorridere riguardo alla prospettiva di vedere un Abramo Lincoln cacciatore di vampiri, e mi ero incuriosito aspettandomi più che altro di vedere qualcosa di, si, pieno d’azione, ma comunque almeno parzialmente comico. Anche perchè, diciamocelo, con una base del genere non ci si può e non ci si dovrebbe prendere troppo sul serio, ma ahimè questo è il primo difetto che ho potuto riscontrare.
Il film si propone come una sorta di incorcio tra il recente Sherlock Holmes e Van Helsing: dal primo cerca di prendere qualche coreografia nei combattimenti e dal secondo il tema vampiresco. Dico “cerca” perchè fallisce in entrambi i casi.

Si pone sulla falsariga dei classici film di TIPO “TRASH” a sfondo mitico-mitologico, come appunto Van Helsing e La leggenda degli uomini straordinari. Ma laddove quei film parlavano comunque di personaggi inesistenti, qui si parla di qualcuno che ha fatto la storia, quella vera. In effetti il film sembra indeciso su come legare questi due aspetti, Lincoln-cacciatore di vampiri e Lincoln-presidente liberatore di schiavi. Il compito è difficile, troppo difficile per il regista, che (direi inevitabilmente) lascia questi aspetti del tutto slegati tra di loro se non per qualche forzatissimo escamotage, tanto che a volte sembra assistere a due film differenti, uno che fa il verso a Buffy, e l’altro che si concentra più sulla storia della liberazione degli schiavi e della guerra di secessione. Gli elementi fuori posto sembrano proprio quelli storico-politici, troppo forzati, ma erano d’altronde indispensabili per rendere credibile la figura di Lincoln. Nonostante il film duri ben 1 ora e 45 minuti, questi non sembrano sufficienti a raccontare tutta la trama del film, che risulta molto compressa, al punto che spesso gli stacchi e i passaggi da Lincoln-cacciatore a Lincoln-presidente sono troppo netti e lunghi, e di questo ne risente inevitabilmente la continuità del film, che spinge a chiedersi, dopo un intermezzo storico di un quarto d’ora, quando ricomincerà il film d’azione.

Gli ATTORI di per se svolgono bene il loro compitino ma senza strafare. Riguardo i PERSONAGGI, il protagonista non risulta carismatico come dovrebbe, la sua fidanzata non risalta, così come anche l’amico nero, il cui unico scopo sembra quello di dare un “rilievo personale” per Lincoln alla questione degli schiavi liberi. Purtroppo fallisce a impressionare anche il cattivo di turno, che secondo il mio parere guadagna un po’ nella versione italiana grazie all’ottima voce di Pasquale Anselmo (Nicolas Cage, il Boss delle torte). Manca inoltre il personaggio che si occupi del cosiddetto “comic relief” (letteralmente “sollievo comico”), cioè qualcuno che semplicemente strappi una risata nei momenti giusti, che allenti la tensione, molto apprezzabile nei film a tutta azione come questi.

Gli effetti speciali risultano nella media, ormai troppo invadenti per i miei gusti personali, ma comunque accettabili, tranne in qualche caso, come i cavalli in una delle scene di lotta.
A tal proposito, purtroppo anche qualche SCENA DI COMBATTIMENTO sembra non andare, a volte troppo confusionarie (ri-cito quella dei cavalli). Le coreografie sono spesso sufficientemente buone, con qualche picco a sollevare un po’ il mio morale che per tutto il resto del film è rimasto decisamente a terra.

In effetti, in CONCLUSIONE, non riesco a salvare quasi nulla del film. Il suo difetto più grande è stato quello di prendersi troppo sul serio. Abramo Lincoln + Vampiri è un binomio che a mio parere può funzionare solo in una commedia spiritosa (alla Dracula Morto e Contento), ma non per questo priva di azione. Invece qui non solo non si ride mai, ma spesso si è stancati dagli intermezzi storici che il regista non è riuscito a incastrare bene nella trama (ammetto, compito non facile). La sensazione finale è quindi quella che se ci fosse stato un protagonista più anonimo, queste forzature si sarebbero potute evitate, e il film ne sarebbe uscito molto più snello e godibile. Il regista ha voluto strafare, era un rischio e questa volta il rischio non ha pagato.

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