La ragazza del treno: la recensione di Andrea Diatribe

Che cosa ha visto e cosa è realmente successo? Sono le domande che si pongono gli spettatori e la protagonista del film “La ragazza del treno” (“The Girl on the Train”), un thriller diretto da Tate Taylor e adattamento dell’omonimo bestseller di Paula Hawkins. Rachel è una pendolare che osserva tutti i giorni, attraverso il vetro del treno, le vite delle persone. In seguito al divorzio e al licenziamento non le sono rimasti che i continui spostamenti dalla contea di Westchester a Manhattan, scrutando gli altri dal finestrino, insieme al suo vizio per l’alcool. In particolare, rimane ossessionata dalla vita di una coppia, Megan e Scott, che abita poche case più in là di dove stava lei con l’ex marito Tom, nel frattempo risposato con una donna di nome Anna, da cui ha avuto una figlia. Il ricordo di un amore fallito le fa male, e i due coniugi Megan e Scott sembrano essere proprio tutto quello che il rapporto con l’ex marito non è mai stato, fatto che la porta ad emarginarsi sempre di più con la sua dipendenza. Un giorno Rachel vede incrinarsi il mondo idilliaco rappresentato dalla coppia: la ragazza tradisce il marito con un altro uomo. Tornano così i fantasmi del divorzio di Rachel uniti alla rabbia verso la giovane fedifraga, che sparirà poi misteriosamente nel nulla, portando la stessa donna a immaginarsi come probabile artefice della sua scomparsa, non riuscendo a ricordare quello che le è accaduto per le amnesie procurate dall’alcool.
“La ragazza del treno” è un thriller psicologico giocato tutto sulla situazione instabile della protagonista Rachel, interpretata da una brava Emily Blunt, che tratteggia bene una donna fragile, tormentata e forse pericolosa. L’abuso di alcolici consente uno stratagemma narrativo che sfuma completamente ogni confine tra realtà e apparenza, tra verità e bugia, dove la protagonista non sa più a cosa credere, in chi credere e, soprattutto, se credere a se stessa, visti i blackout e i ricordi confusi che ha. È un racconto di detection di Rachel, che intraprende un percorso per scagionare se stessa e per riassemblare coerentemente i tasselli di un puzzle distorto dalla visione creata dall’alcool (con l’artificio visivo di una cattiva messa a fuoco), ma anche a livello di intreccio narrativo con i diversi piani temporali che svelano man mano la vicenda. Infatti, il film racconta anche le storie degli altri due personaggi femminili e dei tre personaggi maschili: una prima storia della coppia formata dalla ragazza scomparsa (Haley Bennett) e Scott (Luke Evans), la seconda dei coniugi Tom (Justin Theroux) e Anna (Rebecca Ferguson), e infine il personaggio dello psicologo Kamal Abdic (Edgar Ramirez). L’atmosfera inquieta che si respira – basata sui temi del voyeurismo, dell’amore malato e della realtà che non è come sembra – ricorda vagamente il film di Fincher “L’amore bugiardo – Gone girl”, senza arrivare ad una simile profondità registica e narrativa. Il tema dello sguardo morboso ricorda anche “La finestra sul cortile” di Hitchcock, come ricorda la sceneggiatrice Erin Cressida Wilson, con la macchina da presa che indugia tanto sulle vite private delle due coppie osservate da Rachel.
“La ragazza del treno” è un buon thriller tutto incentrato sui caratteri femminili (la recitazione delle protagoniste è la parte migliore del film), ma che pecca maggiormente per la sua forzatura al racconto a volte troppo didascalico e descrittivo: basti vedere il montaggio dell’epilogo con la fontana delle tre Grazie.
Tirando le fila, un’importante chiave di lettura focalizzata alla fine del film, anche se superficiale, è l’eroismo del genere femminile che vuole difendersi dalla misoginia del mondo maschile, avere una propria autonomia e consentire una possibilità di riscatto.

Voto: 3/5

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