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La teoria del tutto: la recensione di Mauro Lanari

La teoria del tutto: la recensione di Mauro Lanari

(Versione ampliata) Anche nel Cattolicesimo coesistono l’agiografia di chi già da vivo è “in odore di santità” e la canonizzazione “post-mortem” (l’invito al “santo sùbito” può al massimo ridurre i 5 anni d’attesa stabiliti dalla bolla pontificia “Novae leges pro causis Sanctorum” del 1983). Ma che il tabù venga infranto pure da Hollywood m’inquieta, i biopic su persone ancora viventi m’infastidiscono e m’allarmano: il potere divulgativo e propagandistico del cinema è troppo elevato per assumersi certi rischi e preferirei di gran lunga sentir parlare di qualcuno, per così dire, “a bocce ferme”. La comunità scientifica non è né potrebb’essere esente da esibizionismi e presenzialismi (ecco una rassegna riguardante solo “The Big Bang Theory”: http://it.ibtimes.com/articles/73930/20141223/ig-bang-theory-scienziati-veri-sheldon-hawking-tyson-video.htm). Passi Nash ch’ormai è fuori dai giochi e dalla loro teorizzazione, passi “The Lady” (2011) di Besson sul premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, passi “Frank Gehry – Creatore di sogni” (2005) ch’è un documentario girato dall’amico Pollack, ma la vicenda d’Hawking è ancora in corso. Ha appena sfornato il 12 settembre 2013 per la Random House la propria biografia (“My Brief History”: https://www.google.it/search?biw=1440&bih=711&tbm=bks&q=inauthor%3A%22Stephen+Hawking%22%22My+Brief+History%22); è già passato dal modello formulato con Penrose nella seconda metà degl’anni ’60 sulla singolarità gravitazional-cosmologica, basilare contributo al tentativo di coniugare mic e mac, quantomeccanica e relatività generale, al modello antitetico del 1983 (quello che il film definisce “inversione a U”), lo “stato di Hartle-Hawking” s’un universo senza margini né confini, senz’inizio e senza fine. Nel 1° caso ha cercato il corrispettivo scientifico della “creatio ex nihilo”, dove però GOD era rimpiazzato dalla GUT, la “Great Unified Theory”, altro modo di chiamare la ToE scelta come titolo della pellicola; nel 2° caso ha cercato d’argomentare matematicamente l’idea opposta ch'”ex nihilo nihil fit” con tanto d’incontro fra lui e Benedetto XVI il 31 ottobre 2008 (http://www.corriere.it/cultura/08_ottobre_31/papa_incontro_hawking_d7551c68-a768-11dd-90c5-00144f02aabc.shtml). Il lungometraggio si conclude col suo rilancio a caccia della ToE/GUT, sebbene approfondendo i pilastri assiomatici delle sue teorie è giunto ad ammettere la limitante ricaduta fisica del teorema di Gödel e del “problema dell’arresto” di Turing (http://www.damtp.cam.ac.uk/events/strings02/dirac/hawking/). Supervisionato per il Ph.D. da Dennis Sciama, qui viene interpretato da David Thewlis senz’essere forse mai citato: Sciama è morto nel 1999 e ha trascorso circa gl’ultimi suoi tre lustri a insegnare da noi, Astrofisica alla SISSA di Trieste. Hawking però avrebbe voluto il dottorato con Fred Hoyle (http://www.hawking.org.uk/about-stephen.html). Amen: tanto il regista dedica all’aspetto scientifico di Stephen sì e no 10 minuti e comunque le noti più dolenti devono ancor’arrivare. A 21 anni, nel 1963, gli viene diagnosticata una malattia degenerativa del motoneurone, il “morbo di Lou Gehrig”, prognosi nefasta 2 anni. Invece dopo mezzo secolo è vivo e arzillo. Sulla natura della sua patologia che “dilata i confini matematici della teoria della probabilità” esistono solo ipotesi “ad personam”, una “singolarità medica”, tuttavia dovremmo sapere che “idiopatico [deriva] dal latino ‘siamo idioti perché non riusciamo a capire cosa lo provoca’” (Dr. House, 1a stagione, episodio 17: “Un candidato a rischio”, “Role Model”). “Q: How frequent are these cases of very slow-progressing forms of ALS?””A: I would say probably less than a few percent” (http://www.scientificamerican.com/article/stephen-hawking-als/, 7 gennaio 2012). Dinanzi a cotanta ferale notizia, cosa fanno Hawking e Jane Wilde, dottoranda in lingue romanze? Si sposano il 14 luglio 1965 e diventano genitori di 3 figli, Robert (1967), Lucy (1970) e Tim (1979). L’ipotesi d’una trasmissibilità genetica della sconosciuta patologia paterna? Non presa in considerazione. L’ipotesi che i figli diventino presto orfani di padre? Idem. Quest’è delirio d’onnipotenza cambridgeano a livelli superomistico-messianici, bravi i due e bravo Marsh che, invece di criticare la scelta, l’infiocchetta tra flou, plongée con dissolvenza per il loro primo bacio e imperversanti sezioni d’archi angelici. Cose da filmino amatoriale per le nozze. Stephen è sorretto dal fideismo scientista, Jane dal corrispettivo della C.I., Chiesa d’Inghilterra, nell’originale C.E., “Church of England”, insomma Anglicanesimo. “L’amore è eterno finché dura”, e la coppia termina esausta dopo 25 anni di spavalda sfida al destino. Subentra l’infermiera personale Elaine Mason che diventa la nuova signora Hawking per 11 anni, incluso il quinquennio di separazione pre-divorzio, dal 1995 al 2006. Stephen addirittura dichiara: “It’s wonderful—I have married the woman I love” (https://books.google.it/books?id=YuVgogxtdB4C&pg=PT363&dq=%22It’s+wonderful%E2%80%94I+have+married+the+woman+I+love.%22). Nel frattempo si risposa pure Jane Wilde (non conosco le norme sul matrimonio del diritto canonico anglicano né al regista interessa colmarci tale lacuna): l’ex scrive l’autobiografia “Music to Move the Stars. A Life with Stephen” (1999) ma, dopo la rottura di Hawking con Elaine Mason, ripristina con lui legami sia lavorativi ch’affettivi raccontati nella nuova biografia pesantemente aggiornata: “Travelling to Infinity. My Life with Stephen” (2008). Il film è l’adattamento cinematografico di quest’ultimo (provvisorio) idilliaco capolavoro. Per palati sfiniti.

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