La vita di Adele: la recensione di Minciarelli90

Titolo: La Vita di Adele Anno: 2013 Regia: Abdellatif Kechiche Interpreti: Léa Seydoux, Adèle Exarchopoulos

Trama: Adele è una ragazza di quindici anni che vede emergere la sua sessualità incerta tra l’insoddisfazione nei rapporti con i ragazzi ed una attrazione fisica (invece) per il gentil sesso, fin quando non incontra Emma, una ragazza dichiaratamente omosessuale di qualche anno più grande di lei che studia all’accademia di belle arti e sembra provare un certo interesse per Adele. Queste attenzioni vengono ricambiate, e Adele trova – almeno apparentemente – la sua identità sessuale assieme a quella che sembra poter essere la donna della sua vita. Le due intraprendono così una relazione amorosa intensa e passionale, nella quale Adele sembra trovare la sua dimensione. Con il passare del tempo emergono nel rapporto delle problematiche che portano Adele – spinta da una forte sensazione di solitudine – a tradire Emma con un suo collega del la scuola materna dove lavora. Il tradimento comporterà la rottura definitiva del rapporto e la disperazione di Adele, che non sembra in grado di ritrovare una propria dimensione senza Emma.FINE

Attenzione attenzione, sono spariti tutti gli obiettivi grandangolari dal set. Lo stile registico di Abdellatif Kechiche ci appare senza ombra di dubbio oltremodo opprimente: nonostante una forte prevalenza di primi piano possa giovare al film da un punto di vista espressivo, poiché si rende in grado di restituirci al meglio le emozioni dei protagonisti, il fine primo dei piani stretti va perdendosi, dal momento che non li vediamo impiegati soltanto nei momenti di maggiore spessore emotivo, ma all’incirca per tutti i 180 (grosso modo) minuti del film – eccezion fatta forse per le scene che mostrano l’amplesso tra le due ragazze – facendoci a tratti soffocare e anelare al contrario un po’ d’aria. I protagonisti sembrano inizialmente apparire come ragazzi leggermente più maturi ed intelligenti rispetto alla media dei propri coetanei, ma questo aspetto pregevole viene alternato spesso con vaniloqui discorsivi (rigorosamente inquadrati in primi piani che ci rendono impossibile comprendere dove si svolga l’azione) decisamente troppo lunghi e privi di interesse e funzionalità. La storia ha certamente lo scopo di rendersi toccante – sensazione probabilmente resa ad alcuni, ma non ad altri – e la passione, che può senza esitazioni definirsi ‘travolgente’ arriva sicuramente al pubblico, seppure le scene atte a tale scopo, risultino ridondanti ed esageratamente lunghe – li dove un tempo minore poteva bastare – fino a risultare stucchevoli. Il personaggio interpretato da Adèle Exarchopoulos (che porta il nome stesso della protagonista), nonostante la si potrebbe pensare al centro di una storia di formazione, non sembra fare passi avanti se non comprendere la sua attrazione per le donne; e le sue reazioni e la sua personalità ci appaiono pressoché asettiche per quasi tutto il film; Léa Seydoux invece, non si distingue particolarmente, ne in bene ne in male. Un titolo confezionato senza musiche non diegetiche (se non una all’inizio, ed una alla fine) e quindi estremamente silenzioso, che fa del suo particolare linguaggio dai toni oppressivi e a metà tra il vacuo e il realistico una singolarità in grado di rimbambirci fino a nasconderci una triste verità: la storia è banale, archetipata e prevedibile.

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