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L’era Glaciale 4: Continenti alla deriva: la recensione di Matelda Giachi

L’era Glaciale 4: Continenti alla deriva: la recensione di Matelda Giachi

I nostri eroi sono sopravvissuti all’era glaciale, al disgelo e poi anche all’alba dei dinosauri e sopravviveranno anche alla deriva dei continenti. Sono talmente bravi a cavarsela che il prossimo capitolo, se mai verrà prodotto, sarà denominato “Die hard”.
I creatori de “L’era glaciale” sono stati in gamba, dopo aver dato vita ad un cartone geniale, sulla cresta dell’onda del successo, sono riusciti a produrre non uno ma ben due sequel all’altezza dell’originale. Il fatto, ad eccezione che il progetto di partenza sia già una trilogia o una serie, è piuttosto ameno. Il risultato infatti nel 90% dei casi è un polpettone che cerca di proporre nuove idee che in realtà non ci sono. Tanto di cappello quindi.
Uno scivolone però questa volta lo hanno fatto anche loro.
“L’era glaciale 4” è carino, ma non di più.
Una garanzia c’è: il fattore risata rimane indiscusso, soprattutto grazie a Scrat e al suo pacchetto di sfiga talmente esorbitante da poter far sentire Paperino il pupillo della dea bendata, e a quel concentrato di bontà e imbranataggine imbarazzante di Sid. Anche il resto della vecchia guardia soddisfa. Manny, Allie, Diego e i due opossum, stupidi dichiarati e covinti, sono protagonisti di cui ormai conosciamo bene lo spessore.
Sono le new entry la delusione: personaggi vuoti e insignificanti ai quali ogni tanto viene messa in bocca qualche frasona importante alla Fabio Volo, tipo “non si abbandonano mai gli amici”. Tutti a partire da Pesca, che avevamo lasciato minuscola e con enormi dolcissimi occhioni e che ritroviamo adolescente banale e con una pessima pettinatura. Mai quanto le sue coetanee comunque. O la nuova fiamma di Diego, una tigre bianca di una antipatia non indifferente.
Mi correggo, non proprio tutti: Nonnina è la chiave di volta di tutto il film, la vera star della situazione, quella che ti rende felice di aver pagato il prezzo del biglietto. E’ la nonna di Sid, dalla quale egli pare aver ereditato tutta la sua stravaganza, a conferma che la genetica non è acqua, ed è favolosa. L’ho adorata.
Altro dettaglio positivo rimasto invariato, oltre alle risate, sono le espressioni umanizzate degli animali, davvero splendide e coinvolgenti e capaci di trasmettere sensazioni ed emozioni come sempre.
Quanto alla trama, l’idea di base è meravigliosa. Tutto parte ovviamente dall’amatissimo scoiattolo preistorico dagli occhi a palla che ne combina delle sue. In barba a Wegener e a secoli di scienza, finalmente la rivelazione: è Scrat la causa della deriva dei continenti. Puro genio.
Il resto del film è un collage di scene già viste. Più precisamente: Il signore degli anelli, Titanic, Il re leone, Avatar, Pirati dei caraibi, L’Odissea e un mix di teeens films, con finale in stile Alla ricerca della valle incantata e sigla di chiusura tipo Mamma mia. Solo che in quel caso un cast stellare rivestito di sbrilluccicanti vesti anni ’80 ci deliziava cantando “Waterloo” degli ABBA. Non so se ho tralasciato qualcosa, in 88 minuti mi sono vista passare davanti un gran numero di celebri pellicole.
A proposito di musica, il vero cascone del film è una scena in cui si verifica il pessimo e triste tentativo di richiamare il genere Disney, in cui i protagonisti si mettono a cantare. Non so dire quanto il risultato sia stato agghiacciante.
Apparte tutto, il film è piacevole e divertente, ma purtroppo non all’altezza dei precedenti.

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