Limitless: la recensione di Giorgio Viaro

Uno scrittore fallito (Bradley Cooper) prende una pillola e in trenta secondi si trasforma in un genio: tutte le informazioni assorbite nella sua vita, dal più stupido dei videogames al sussidiario di scuola media, sono d’improvviso a sua disposizione e perfettamente in ordine. Scrive un romanzo in 5 giorni, riconquista la vecchia fiamma che l’aveva scaricato e si mette a giocare in borsa, mettendo in piedi una piccola fortuna e attirando l’attenzione di uno squalo dell’alta finanza (Robert DeNiro). Solo che l’effetto della pillola non dura più di qualche ora, e per restare in sella dovrà aumentare via via la dose, con tutte le conseguenza che ogni dipendenza si porta dietro.
Limitless
è l’esempio perfetto di quanto una regia ispirata possa contribuire al successo di una sceneggiatura mediocre. Neil Burger (The illusionist) racconta una catena di eventi improbabili (se esistesse una pillola in grado di trasformare le persone in geni, quanti geni ci sarebbero in giro?) e incoerenti (se poteste eccellere in un campo qualsiasi scegliereste di spaccarvi la testa sui grafici del mercato azionario?) con un montaggio talmente inventivo e febbricitante – e con più di un debito a Fincher – da trascinarci dentro la storia volenti o nolenti. Poi c’è Cooper, che sta scalando lo star system ma è ancora abbastanza in basso da accettare (anche) progetti non proprio a prova di bomba, facendo di tutto per valorizzarli (e valorizzarsi: qui è anche produttore esecutivo). E per ultimo c’è una morale per nulla tradizionale sull’uso di sostanze psicotrope: nessuna condanna, anzi, il sospetto di grandi opportunità.

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Mi piace
La regia di Neil Burger, che prima affonda l’occhio degli spettatori tra volti e corpi dei personaggi, poi si impenna in ghirigori lisergici trasmettendo al meglio le alterazioni mentali del protagonista

Non mi piace
Lo script: farraginoso e pieno di buchi.

Consigliato a chi
Ama i thriller newyorkesi pieni di grattacieli, inseguimenti e belle facce.

Voto: 3/5

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