Lo chiamavano Jeeg Robot: la recensione di Donato Prencipe

La vasta saga di supereroi, dalla Marvel alla DC Comics, ha invaso i cinema di tutto il mondo, arricchendo il panorama cinematografico di effetti speciali e combattimenti memorabili volti a salvare città e interi pianeti investiti da qualche male oscuro. A contendere l’egemonia di questi eroi americani, spunta un attore romano molto noto agli spettatori, come Claudio Santamaria, che con il suo Jeeg Robot prova ad italianizzare la figura del supereroe per difendere Roma e poi chissà, magari in futuro, anche tutto il mondo dai brutali di turno. La regia del film è di Gabriele Mainetti, al suo primo lungometraggio da regista dopo alcune esperienze come attore e compositore. La sua regia è molto curata in ogni suo aspetto, dalla fotografia, alla colonna sonora, non disdegnando nemmeno la giusta dose di effetti speciali, che non saranno quelli di Iron Man, ma riescono, ciononostante, a rendere l’idea. La sua bravura nell’immergere la realtà del supereroe all’interno della produzione cinematografica italiana è di assoluto rispetto, vista la totale differenza di budget con quella americana. Il film rende omaggio all’opera manga di Go Nagai, “Jeeg Robot d’acciaio”, e vede il protagonista Enzo, Claudio Santamaria (Romanzo criminale), vivere di piccoli furti nella Roma capitale, fin quando, un bel giorno, per fuggire da alcuni poliziotti, si immerge in un tratto del fiume Tevere, fatalmente contaminato, però, da alcuni barili di una sostanza radioattiva che gli conferirà dei poteri sovrannaturali. Nel prosieguo del film incontrerà Alessia (Ilenia Pastorelli), una bella ragazza con disturbi mentali, scaturiti in seguito a reiterati abusi e dalla perdita prematura della madre, convinta che il suo mondo sia un universo manga, ed Enzo rappresenti Hiroshi Shiba (il protagonista di Jeeg Robot d’acciaio), capace, grazie ai suoi poteri, di mettere in salvo chiunque, compreso il padre rapito dai suoi “nemici”. L’antagonista è rappresentato da Luca Marinelli (Tutti i santi giorni), bravissimo nell’interpretazione dello Zingaro, un criminale con la smania di espandere, assieme ai suoi scagnozzi, il proprio giro per comandare tutta la criminalità di Roma. Le affinità con gli eroi d’oltreoceano non sono molte, il nostro Jeeg Robot non è una persona caritatevole con uno slancio naturale verso il prossimo, piuttosto sembra più un arcigno solitario, “apprendista eroe”, prestato al bene comune e non importa se non indossa qualche tutina aderente o un’armatura tutta laccata, la sua felpa nera e il cappuccio lo rendono molto più vicino alla società reale piuttosto che a qualche dimensione fantascientifica offerta dagli Studuios.
Il film ha ottenuto sette David di Donatello.

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