Lo Hobbit: La desolazione di Smaug: la recensione di Sparky97

! SPOILER !

“Questa è la nostra battaglia! […] Quando abbiamo lasciato che il male ci sopraffacesse?”

Ancora Peter Jackson. Ancora nella Terra di Mezzo. Ancora un capolavoro.
Ne Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug Jackson conduce la nota compagnia di nani (con mastro Baggins) insieme allo spettatore attraverso le ormai usuali ma sempre strabilianti location di Arda, quali Bosco Atro -dimora degli elfi-, Pontelagolungo -la città degli uomini- e il perduto regno di Erebor, noto anche come la Montagna Solitaria nonché fortezza dei nani.
In questa seconda parte del viaggio (una seconda parte da 2 ore e 40 minuti!) non si riescono a togliere gli occhi dallo schermo: ci si trova rapiti da un ritmo che non cala mai!
Nonostante sia un “capitolo di raccordo” tra l’inizio e l’atto conclusivo, e nonostante le numerose libertà di script rispetto all’originale Tolkeniano, La Desolazione di Smaug non solo eguaglia Un Viaggio Inaspettato, ma lo supera qualitativamente. Dove lì avevamo la riunione del Bianco Consiglio (con un’impeccabile Cate Blanchett, molto sacrificata in questo sequel), qui abbiamo il reame di Bosco Atro con il suo re Thranduil, padre del ben più noto Legolas. Dove lì avevamo l’attesissimo incontro con Gollum, qui abbiamo quello altrettanto atteso con il drago Smaug (doppiato in originale da Benedict Cumberbatch, mentre in italiano da uno strepitoso Luca Ward).
Non si perde un secondo, dunque, nella serrata sequenza spostamento-scontro-spostamento-scontro che caratterizza tutto il viaggio e che si alterna agli incontri con personaggi vecchi e nuovi (come il mutaforma Beorn o Bard l’arciere), e che scorre in parallelo all’avventurarsi di Gandalf il Grigio a Dol Guldur, la misteriosa fortezza dove si nasconde un Sauron ancora “debole”.
Di grande impatto visivo le scene dei ragni, della fuga nei barili e del drago. Specialmente quella del drago. Smaug è davvero –come alcune critiche dicevano– il miglior drago mai visto sul grande schermo. Mastodontico, imponente, spaventoso, ma soprattutto tangibile e reale nella sua terribile magnificenza. E con un’accuratezza di dettagli da brivido. Le magie della computer grafica!
Il “ritorno” di Legolas non stona affatto all’interno della pellicola, ma anzi arricchisce il tutto, così come la presenza dell’Elfa Tauriel, personaggio creato appositamente da Jackson per il film, che non appare come un “di più”, ma anzi si inserisce perfettamente nel mondo di Tolkien e nelle relazioni con gli altri personaggi. Forse fino all’eccesso: inserire un personaggio femminile con le caratteristiche di Tauriel è stato positivo, così come pure farla innamorare di Legolas (da lui corrisposta), ma inserire un triangolo d’amore tipico delle saghe young-adult tra Legolas, Tauriel e uno dei nani è stato davvero troppo. Questo triangolo è l’unica cosa che, a mio parere, stona con l’atmosfera epica del film.
Spettacolo di effetti visivi (di molto valorizzati dall’HFR 3D, tecnica forse migliorata rispetto a quella adoperata per il primo film) e più dark di Un Viaggio Inaspettato, questo secondo atto è l’ennesimo tripudio dell’epicità Tolkeniana, che –come ogni buon episodio di mezzo– prepara la strada alla guerra del prossimo anno per il Ritorno del Re Sotto la Montagna, in Racconto di un Ritorno.

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