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L’Ultimo Lupo: la recensione di Luca Ferrari

L’Ultimo Lupo: la recensione di Luca Ferrari

L’ultimo lupo, la speranza sopravvive

Più delle ideologie. Più dell’uomo stesso, la natura e le sue creature hanno il potere di mutare l’animo umano. Una forza che nemmeno le maglie dei rigidi controlli politici potranno mai piegare. Basato sul romanzo Il totem del lupo di Jiang Rong, Jean-Jacques Annaud (Il nome della rosa, Sette anni in Tibet) dirige “L’ultimo lupo”. Cina, 1967. La Grande rivoluzione culturale è la nuova legge imperante. Chen Zhen (Shaofeng Feng) e l’amico Yang Ke (Shawn Dou) sono in viaggio verso la Mongolia interna dove insegneranno a leggere e scrivere alle tribù nomadi locali secondo il volere statale. La zona è infestata da pericolosi lupi, animali questi che col passare dei mesi attirano sempre più l’interesse di Chen Zen fino al punto di allevare un cucciolo in cattività, contravvenendo così agli ordini di Pechino che li voleva tutti morti. Se “Into the Wild” (2007, di Sean Penn) regalò panoramiche da lacrime di pura commozione, “L’ultimo lupo” non è da meno mostrando una terra altrettanto cruda, piena di spiritualità e poesia. Alle volte però il film diretto dal regista francese pecca di egocentrismo lasciando emergere più il lato documentaristico. Sul pianeta Terra nessun paradiso è destinato a rimanere tale. Prima o poi arriva sempre la stupidità di un inferno incapace di capire e ascoltare. Così l’uomo, chiuso nella sua ottusità e comandato dalla voglia di colonizzare, ara e distrugge. A dispetto degli avvisi dei saggi pastori, altera l’ecosistema con tutte quelle conseguenze che poi andrà a rimpiangere. Chen Zhen non è un santo. La sua salvifica scelta per il piccolo lupo col tempo si fa giogo nei confronti dell’animale, ansioso di ritrovare la propria libertà. Il resto dei lupi intanto cade impotente sotto i colpi di fucili e dinamite. Il mondo dei nomadi mongoli soccombe dinnanzi al pressante materialismo. Ormai non c’è più posto per miti e leggende. Lì come altrove domina la ratio della schiavitù. Resta un solo lupo da uccidere ma sopravvivrà. Esattamente come la speranza, qualcosa che nessuna dittatura è mai riuscita a estinguere.

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