Alto, possente, di bell’aspetto, intelligente, super forte, buono e gentile: i canoni estetici e morali del supereroe per eccellenza erano questi. Stereotipi concettuali presenti nell’immaginario collettivo che altro non aspettavano che essere utilizzati per dare vita a quell’immagine di perfezione morale e fisica che da tempo si sognava.
Era il 1938, quando Jerry Siegel e Joe Shuster, tenendo conto dei canoni di cui sopra, diedero vita su carta al primo, vero supereroe della storia. Era il 1938 quando la S di supereroe iniziò ad avere un personaggio di appartenenza, un simbolo che nel tempo avrebbe cambiato il mondo dei fumetti e che sarebbe entrato nel cuore di molti. Era il 1938, l’anno in cui prese vita Superman.
Sono passati ben settantacinque anni da quel momento, tra eventi storici ormai appartenenti a libri di testo e trasposizioni cinematografiche e televisive del supereroe. La datazione del personaggio, quindi, è forte e si sente, avendo alle spalle un background storico senza precedenti. Se le sue origini, il suo credo e la sua “aliena umanità” non sono mai state realmente intaccate dallo scorrere del tempo, né sul fumetto (escluso il capolavoro stand alone Superman: Red Son di Mark Millar) né cinematograficamente parlando, oggi giorno si è intravisto uno spiraglio per rilanciare il personaggio nelle sale, grazie al Re Mida del cinocomic, Christopher Nolan, qui in veste di produttore, che con la sua trilogia de Il cavaliere oscuro aka Batman ha radicalmente riscritto il genere, donando un approccio diverso ma più credibile al concetto di Eroe mascherato o Supereroe. Più realistico, più action, più umano nel bene e nel male e soprattutto senza il peso della datazione, L’uomo D’Acciaio di Zack Snyder (Watchmen e 300) è tutto questo e anche di più; ma per parlarne c’è prima bisogno di approfondire il concetto di “realistico”, in parte traviato da molti.
Tutti conoscono L’Uomo D’Acciaio, a tal punto che domandare chi sia risulti ridicolo. Eppure…chi è Superman?
Kal-El (suo nome originario) è un kryptoniano, spedito ancora in fasce sulla terra a causa del collasso del suo pianeta d’origine, Krypton. Atterrato nel Kansans, a Smallville, fu trovato ed adottato dagli amorevoli Jonathan e Martha Kent, i quali lo ribattezzeranno Clark. Nel tempo, le diverse condizioni atmosferiche del pianeta terra avranno un effetto potenziante su di esso: vista a raggi X, superudito, superforza ed indistruttibilità sono solo alcune delle capacità che imparerà ad utilizzare e a mettere al servizio della popolazione umana, tenendo nascosta la sua vera identità e facendosi chiamare Superman.
Kal-El, Clark Kent, L’Uomo d’acciaio o come lo si conosca, è stato, è e sarà sempre, quindi, un alieno. Gli stessi creatori del personaggio affermarono che la fantascienza ebbe un ruolo importante nella creazione del supereroe, perché genere caro ai lettori e punto di partenza credibile per un personaggio che avesse potuto ergersi al di sopra del mondo e dei sui abitanti, ma non come tiranno, bensì come difensore.
Per cui, il concetto di realistico, accostato al personaggio in questione, altro non può essere che un realismo fantascientifico, con effetti speciali e CGI spettacolari in grado di creare un pianeta con una fauna ed una struttura propri, navi spaziali incredibilmente sofisticate e capaci di rappresentare su schermo la distruzione possibile quando due forze inarrestabili si scontrano in un pianeta fragile come la Terra. Impensabile da principio, quindi, creare un Superman del tutto umano, come impensabile da principio era il fatto di trattare il personaggio allo stesso modo dei film precedenti, interpretati dal pur sempre iconico Christopher Reeve.
Risulta chiaro come nella costruzione “più credibile” di un Superman radicalmente alieno, David Goyer (Il cavaliere oscuro) abbia incontrato non pochi ostacoli, costruendo comunque nel complesso una storia che rende giustizia al personaggio, carica di moralità, profondità, classico buonismo fumettistico e tanta (ottima) azione. Dove sbaglia lo sceneggiatore sono, purtroppo, le singole parti: in più di una scena si rimarrà basiti dalla velocità e la semplicità superficiale con la quale si viene a conoscenza, si analizza e si risolve un problema, sia esso minore (da dove viene il costume di Superman?) che maggiore (cos’è quell’attrezzo colossale che sta scavando da emisfero ad emisfero la terra?).
Zack Snyder, ormai soggetto all’odio incondizionato e a volte inconcepibile di una larga fetta di critica, qui si ritrova a dirigere in modo eccellente il suo terzo cinecomic, sempre con una cura maniacale per i dettagli, le inquadrature e il montaggio, mai così serrato e quasi ineccepibile, dalla meravigliosa apertura su di un Krypton vivo e in piena guerra civile, fino alla strepitosa e ben costruita resa dei conti finale tra Superman e Zod, uno dei migliori scontri cinematografici di sempre.
L’Uomo d’acciaio risulta inoltre ottimo nel montaggio spezzettato dei flashback della prima parte della pellicola, nella quale viene approfondita egregiamente e senza risultare ripetitiva la storia di Kal-El sulla terra. Una scelta molto saggia, se si pensa a come già in passato la crescita del personaggio sia stata anche troppo approfondita e troppe volte riproposta allo stesso modo. Goyer e Snyder la mutano invece nella narrazione e nell’estetica, senza però scardinarne le basi. Un esempio lampante di ciò, è la scena della morte del padre terrestre Jonathan Kent, interpretato da un credibilissimo Kevin Costener, nella quale a cambiare è solo il “come”. In una rivisitazione o reboot, l’importante è che i fatti e gli atti necessari alla crescita interiore del personaggio sussistano imprescindibilmente dal contesto in cui avvengano. Ed è esattamente il primo passo dal quale partire.
Un lavoro, quello de L’Uomo d’acciaio, che riguarda anche la scelta degli interpreti. Si inizia dal protagonista, l’indistruttibile Clark Kent, interpretato da Henry Cavill, perfetto nei panni del superstite Kryptoniano, sia per espressività che per prestanza fisica, ed incarna tutta la potenza e l’umanità del personaggio creato da Siegel e Shuster. Così come possente ed irrimediabilmente corrotto dalla sua stessa follia è il Generale Zod, nei cui panni troviamo il caratterista americano Michael Shannon, qui capace di regalare al pubblico un grande Villain, grazie anche alla sua particolare recitazione, che risulta sempre affascinante nei contenuti quanto strana nell’espressività. Uno dei migliori attori in circolazione. Su Krypton, Zod era inizialmente un caro amico di Jor-El, padre di Kal-El. Jor-El, nella rivisitazione di Goyer, è sempre il più eminente scienziato del pianeta, ma con una vena action che osa nel rendere il suo personaggio più combattivo e guerriero rispetto all’originale controparte cartacea. Russell Crowe recita con molta più enfasi ed empatia ne L’Uomo d’acciaio che ne Les Miserables, tirando fuori il meglio dal personaggio attraverso una buonissima interpretazione, seppur con i suoi limiti.
Purtroppo, anche a livello di caratterizzazione dei personaggi, Goyer non si è spinto oltre ai citati, relegando Lois Lane (Amy Adams) ed altri a macchiette comprimarie e direi davvero superflue.
Nota di merito va alla sublime e perfetta colonna sonora del sempre ottimo Hans Zimmer, che accompagna adagio e prudentemente le sequenza parlate e senza mai sovrastare ma arrivando con potenza allo spettatore nelle scene d’azione. Inoltre una fotografia molto “malickiana”, seppur con toni freddi e cupi, fanno della completa messa in scena uno spettacolo entusiasmante e affascinante.
In conclusione, Snyder, Goyer e Nolan ripropongono una versione più credibile e fantascientificamente realistica del supereroe per eccellenza, che seppur con qualche inciampo nella scrittura, regala due ore di puro spettacolo visivo, che legato alla cura per l’immagine e all’ineccepibile colonna sonora fanno de L’Uomo d’acciaio un perfetto film di fantascienza, un buonissimo cinecomic e una spettacolare film d’azione.
Voto:
Parte Fantascientifica 8
Parte Azione 8
Parte cinecomic 7
Totale: 7.5
Luca Ceccotti
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