Luciano Ligabue torna dietro la macchina da presa per dirigere Stefano Accorsi e Kasia Smutniak in un film dal percorso inusuale: una storia nata in precedenza sulle canzoni dell’omonimo album del cantante emiliano e poi portata su grande schermo. Una scelta che non stupisce per un artista a tutto tondo sempre in cerca di nuove soluzioni, e che ha raccolto consensi a dir poco sorprendenti dopo l’ottimo debutto con Radiofreccia. Maturità ed esperienza hanno fatto strada, eppure…
Made in Italy è un film sicuramente imperfetto, confuso, ma che è stato concepito e pensato in questo modo. Non è sbagliato dire che Ligabue è un regista per hobby, che per altro non se la cava niente male. Ha un suo stile, un modo di raccontare impulsivo e teatrale che vive di una immaginazione ben precisa; un piccolo mondo a metà tra la favola e la realtà.
Nonostante giustificati limiti, riesce a mettere in piedi una storia forte, che parte dal basso per scalare velocemente i gradini di una ipotetica piramide, metafora della vita. Come un Forrest Gump all’italiana infatti, Riko (Stefano Accorsi) è il protagonista di questo viaggio che nasce nel cuore romagnolo, dove tra un lavoro in un salumificio, un matrimonio difficile con la moglie Sara (Smutniak) e qualche amico “leggero”, inizia a sentire il peso della vita e quanto sia difficile accontentarsene. Ancorato in una società confinata in valori preimpostati e risvegliato solo da brevi e fugaci “botte di vita”, sfoga la sua rabbia prendendo in mano i suoi anni deciso a ricominciare.
Tra dialoghi slogan, personaggi come sempre molto caratterizzati e una fotografia romantica, Luciano Ligabue mette in tavola il meglio del suo repertorio, elementi che richiamano ripetutamente l’amore indiscusso verso quelle radici mai abbandonate. Strizza l’occhio a Radiofreccia (ancora inarrivabile), non solo grazie al sodalizio con Accorsi, ma per quelle atmosfere da periferia, pretenziose e improvvisate, che smussano grezzamente gli angoli di una quotidianità imbalsamata. Basi che spingono il film su binari promettenti, duri ma che non graffiano come vorrebbero. Riko è il centro di questo mondo, un uomo onesto che tira avanti con poche certezze e molti rimpianti. Un personaggio che raccoglie l’invito a dare un senso alla propria vita senza accorgersi che nei suoi limiti c’era già tutto quello di cui aveva bisogno. La medaglia a due facce dello stesso Ligabue che da una parte dispensa rock duro e dall’altra ti accarezza con ballate tenere.
Che Made in Italy pecchi di brillantezza è innegabile. Più simile ad uno spaccato sulla società moderna, il film punta invece a girare attorno alle emozioni umane, rispondendo a più riprese alla domanda più lampante: “è tutto qui?”. Per quanto Riko possa negarlo, il suo personaggio è di fatto quella categoria che Ligabue disegna attorno all’italiano medio, e che spesso oscura malamente e in modo banale, quel lato emotivo e sentimentale che in più occasioni sferra punti a favore sulla sceneggiatura.
Un pò strappalacrime, un pò sfacciato, molto semplice, Made in Italy è senza alcun dubbio l’esatta trasposizione di quanto Ligabue avesse in mente: raccontare un “cosa sarebbe successo se”…Ne è uscita una storia un pò per sè, un pò per i suoi fans di lunga data.
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