Man in the Dark: la recensione di loland10

“Man in the dark” (Don’t Breathe, 2016 ) è il secondo lungometraggio del regista di Montevideo Fede Alvarez.
Un film della produzione di Sam Raimi getta il regista in un’opera seconda di grande intensità dove i luoghi o meglio il luogo-casa è ansia per chi ci vive (‘uomo nel buio’ dal titolo in italiano) e per chi vuole entrarci come risolvere un problemino facile (‘non respirare’ dal titolo originale).
Un uomo non vedente e tre ragazzi si scontrano col fiato corto e un buio lancinante: il colpo si fa questa notte, non ci sono persone nel giro di qualche isolato e poi… non riesce a vedere dove ci troviamo. I tre, Money (il duro senza paura), Alex (il bambino zombie) e Rocky (la finta svampita), vogliono sbarcare il loro lunario andando sopra la loro standard e modica cifra dei circa diecimila dollari (‘un reato minimo con poco rischio di prigione’): ecco il tipo che in casa ha svariati pacchi da centomila dollari! Il problema è risolto per loro: è sempre, in questi casi, l’ultimo colpo che sistema tutti e andare via dal ‘bruttissimo’ Michigan e da una Detroit deprimente. Michigan è paese natio di Sam Raimi: dobbiamo leggerci un sogno di fuga e una critica severa al mondo in cui vive o una truce ironia….?
“Luci spente…sta dormendo”, “Ma lui non vede..”: già questo breve dialogo dovrebbe allertare i tre ladruncoli ma la paura è fuori per loro. Quando entrano le cose cambieranno molto. E l’incipit del film prima del titolo fa capire molto ma non tutto: un’inquadratura schiacciata dall’alto, buio dappertutto, ci si avvicina, una linea di sangue lungo la strada mentre un uomo trascina un corpo… Un’immagine, una musica, un movimento che registrano ansia per chi guarda e voglia di arrivare a quel dunque… (altrimenti simili film è meglio lasciarli a se stessi…).
Un uomo non vedente, un reduce della guerra del Golfo: ecco meglio non infierire, sembra indifeso e tutt’altro che invulnerabile. Dopo pochi minuti la casa (è sempre ‘La casa’!) diventa tutto che un luogo ospitale per una facile rapina. L’uomo ha un fiuto pazzesco, conosce i minimi angoli del luogo, usa gli altri sensi meglio del previsto e ha la forza sconsiderata di ‘rivivere’ ad ogni scontro. Money dopo la bottiglia al cloroformio che apre nella camera dice: “il vecchio è a posto…non si sveglierà…”. Un attimo dopo (appena cercano di barcamenarsi in casa) Norman è lì davanti a loro: vivo e sveglio. Money e Rocky sono impietriti (Alex ha avuto paura di una pistola…ed era uscito nel frattempo…) con il duro che pensa di risolvere la cosa in poco tempo. Ecco non ci sono ragioni per il vecchio…che arriva al sangue senza ritegno.
Il film poi dipana tutto il movimento possibile in una casa che ‘non vediamo’ quasi mai: il buio ci sovrasta e i piccoli spazi diventano ampi per riprese al cardiopalma con una prima parte ben congegnata e molto poco divertente. Un refrain (quasi) perfetto di paura senza nulla e di corpi assorbiti dal buio e da loro stessi. Norman-Alex-Rocky hanno da dire molto a noi su cosa è meglio evitare, dove è meglio andare, quale migliore fuga, quale per una vendetta, quale chiave usare e quali difese rimangono.
Una buona prima parte da thriller con dei luoghi bui da scoprire poi il colpo manca il bersaglio e il thriller diventa un horror splatter-izzante con sorprese quasi dovute. E l’epilogo finale (un minuto o poco più) è solo un’aggiunta con il risveglio macabro-televisivo che (forse) prelude ad un secondo capitolo (mentre la California attende per fare non solo windsurf): mai dare per morto nessuno…E quindi l’incipit (bellissimo) naufraga in contraltare nel collegamento tv alquanto semplice e futile.
Daniel Zovatto (Money) ha lo spazio giusto e scanzonato per il là alla combriccola di ladri.
Dylan Minnette (Alex) convince nel suo ruolo, da sbarbato e inerme a morto vivente.
Jane Levy (Rocky) appare frastornata e subalterna fino a quando la disperazione ( e la sua bambina) tradiscono i suoi occhi che vedono l’oltre del suo carnefice.
L’uomo cieco è Stephen Lang (Norman): sempre in prima linea, incute paura in ogni movimento, apparizione e apparente sfinimento. Una recitazione veramente convincente in tutti i sensi.
Anche i nomi traducono qualcosa: Money, Rocky e un Norman…: qualcosa da dire ci sarebbe… ma meglio evitare.
La regia di Fede Alvarez convince per buona parte poi il film prende il largo e si butta su un mare non suo; gli ambienti della casa vanno di pari passo alla ripresa (dal piano superiore al sotterraneo…).
Voto: 7/10.

© RIPRODUZIONE RISERVATA