Midnight in Paris: la recensione di Luca Ferrari

Esiste un posto dove poter rincorrere in pace i propri pensieri? È troppo semplice anche solo immaginarlo o si può davvero fare? Se mai esistesse, si meriterebbe tutto il nostro rispetto, dedizione e coraggio. Un luogo che magari vediamo solo noi, e quando ne parliamo ci scambiamo per matti. Per uno strano e assurdo modo di pensare, la strada della propria felicità è sempre un sentiero poco battuto. Qualche reminiscenza e l’atmosfera giusta di un quartiere però, possono essere il colpo di grazia per fare una scelta. E allora sì che potremo librarci in volo sulla terra. E la nostra vita non sarà più una composta degustazione pomeridiana, ma si comporterà come uno spontaneo dopo-mezzanotte parigino.

Il maestro Woody Allen torna a girare secondo la collaudata formula “introspezione e un’intera città come scenografia”. Forse ce n’è anche troppo di quest’ultima. L’inizio saranno due minuti abbandonanti di solo immagini su Parigi. Senza dialogo, con la telecamera che flirta insistentemente sulla scalinata di Montmartre. Il Louvre viene inquadrato una sola volta. L’attenzione del regista è tutta per le stradine di vita quotidiana, come se fosse alla ricerca dei tanti personaggi che hanno abitato questa straordinaria città: lo scrittore Ernest Hemingway, il pittore Palo Picasso, lo sceneggiatore Francis Scott Fitzgerald. Dopo la tanto celebrata Grande Mela, la telecamera ha puntato diritta verso Londra (Match Point, 2005) e Barcellona (Vicky Cristina Barcelona, 2008). Ora è il turno della capitale transalpina (Midnight in Paris, 2011) e prossimamente lo sarà di Roma.

Gil (un Owen Wilson molto Alleniano) e Inez (Rachel McAdams) sono una coppia di quasi-sposati che non ricordano più il motivo del perché stiano insieme, eppure fervono i preparativi per il grande giorno. Un viaggio inaspettato nel cuore della capitale francese spalancherà una voragine nella mente sognatrice di Gil, ancora intento a ricordare il proprio passato parigino, e desideroso di abbandonare la monotonia della ricchezza di sceneggiatore hollywoodiano per iniziare una nuova vita con la sua dolce futura metà inseguendo sogni di scrittore di romanzi, magari trasferendosi fuori Parigi, nella quiete rurale di Giverny, il piccolo comune dove il padre dell’impressionismo Claude Monet visse e morì. Dall’altra parte c’è una donna superficiale e pragmatica, presumibilmente finita tra le braccia sincere di Gil per sfuggire ai rigidi dettami repubblicani modello Tea-party dei genitori, ma che alla fine torna all’ovile, sposando in pieno la loro mentalità spocchiosa e guerrafondaia. Gil è aperto. Non ha nulla di che spartire con gli amici snob della fidanzata, in particolare con l’enciclopedia vivente Paul (un insopportabilmente meraviglioso Michael Sheen). Gil è in cerca dell’ispirazione per finire il suo libro. E il percorso è obbligato. C’è bisogno di una musa. La troverà nell’incantevole Adriana (Marion Cotillard), direttamente dagli Anni ’20, all’epoca della Generazione Perduta, e passando le nottate insieme a tutti i protagonisti di quel periodo indimenticabile, inclusa la poetessa Gertrude Stein (Kathy Bates) a cui farà leggere il proprio inedito manoscritto. Un incredibile salto temporale nella Parigi tanto amata dal novello scrittore americano. Fantasia o realtà? Gil non è soddisfatto del proprio presente. Molto la pensano così. Lui però non abbandona i propri sogni. Continua a tornare indietro, passando anche per la Belle Epoque con tappa al Moulin Rouge. Quando capisce cosa c’è di sbagliato nella sua vita, ritorna nel XXI secolo, e agisce. Una volta per tutte. Il resto è la magia della Vita tipica d tutti quelli che sanno osare. Per chi non ha paura di salutare i tetti, o scatenare la propria danza alla prima goccia di pioggia.

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