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Oblivion: la recensione di Antonio Montefalcone

Oblivion: la recensione di Antonio Montefalcone

E se quel che pensiamo essere la verità su noi stessi e sulle cose, in realtà non sia così? E’ su questo angosciante interrogativo e destabilizzante sensazione per chi lo sperimenta sulla propria pelle, che poggia la struttura narrativa di “Oblivion”, film di fantascienza ad alto budget, diretto da Joseph Kosinski e ambientato su una Terra devastata da una guerra nucleare degli umani contro gli alieni.
L’interrogativo se lo pone il protagonista del film, Jack Harper, riparatori di droni, che ha il compito di preservare le ultime risorse vitali di un mondo futuro ormai contaminato e desertico. Dopo aver ritrovato un’astronave distrutta, la storia dell’unica superstite al suo interno, Julia Rusakova, lo costringerà a rivedere la sua visione del mondo.
L’avvincente pellicola, tratta da una graphic novel (della quale mantiene l’aspetto grafico-estetico, magnetico e visionario) e a sua volta da un racconto di poche pagine scritto dallo stesso regista, è una coinvolgente e immaginifica rappresentazione della ricerca e accettazione della verità, qualsiasi essa sia, e al tempo stesso l’altrettanta ricerca della salvezza dell’umanità, o di ciò che ne rimane, che si tratti dei pochi sopravvissuti o del loro quasi inabitabile pianeta. Questa spinta alla ricerca, fatta attraverso la curiosità per il vecchio come per la novità, o mediante i pochi ricordi rimasti dopo la cancellazione della memoria, o la lettura dei libri, o la speranza offerta da piccoli rifugi terrestri ancora verdi e incontaminati, da parte del protagonista (una sorta di Wall•E umano), è dettata dal rispetto per ciò che è passato, perduto e dalla convinzione che in qualche modo tutto o parte di esso possa essere ancora recuperabile, anche sotto altre forme o punti di vista (vedi l’individualità dei cloni valere quanto la persona originaria; l’identità del modello originale che rivive nei cloni grazie alla forza di ricordi, talmente significativi e intensi che non si riescono a cancellare – e che poi sono quei pochi legati al vero amore). Per questo la scoperta inquietante della verità da parte di Jack e il capovolgimento di tutto ciò che credeva di sapere sul suo mondo, sulla sua missione e su se stesso, è subito accettata, pur nella loro drammaticità, per lasciar posto all’inevitabile rapporto con la nuova realtà delle cose da affrontare e che hanno in gioco la salvezza dell’umanità. Questo percorso di maturità farà nascere in Jack un senso dell’eroismo e del sacrificio che non immaginava di avere. In quest’ottica, anche l’opera si muove di pari passo con le vicende di Jack, e mettendo in crisi di volta in volta le certezze e le aspettative dello spettatore, rimescola le carte in tavola, attraverso scene di suspance, nuove entrate, rivelazioni e colpi di scena (vedi la bella e inquietante Julia, il personaggio Malcolm Beech, i cloni, le rivelazioni del registratore di volo, il finale).
Il film è un godibile intrattenimento, visivamente travolgente e girato con una sorprendente risoluzione digitale 4K. La prima parte intriga per l’atmosfera di sospensione e di mistero, per alcune sequenze stupefacenti, e il fascino suggestivo dell’ambientazione terrestre, futuristica e post-atomica.
La seconda parte si fa più romantica, tesa e avvincente: alcune sequenze sono molto spettacolari e adrenaliniche, soprattutto verso il finale. La regia, visionaria e attenta alla messa in scena, sembra amare la maestosità e la vastità mozzafiato di cieli, di paesaggi incantevoli o apocalittici, di location paradisiache e ultra tecnologiche o devastate e distrutte. Musica epica, ritmo spedito, e straordinari effetti speciali visivi e sonori arricchiscono questo quadro estetico. Persino gli attori (Tom Cruise, Morgan Freeman, Olga Kurilenko) danno un efficace contributo e in certe scene, eroiche o sentimentali, riescono ad emozionare veramente.
Non tutto però è riuscito: la storia anche se nel complesso funziona, pecca di schematismi e limiti, ed è troppo legata al solito immaginario letterario-cinematografico contemporaneo. Soffocano gli eccessivi omaggi e citazioni a film come “Moon”, “Fahrenheit 451”, “Blade Runner”, “Independence Day”, o i rimandi a “Total Recall” (le memorie cancellate), “Il Pianeta delle Scimmie” (i simboli della civiltà in rovina), “Mad Max” (il mondo post-apocalittico), a Kubrick, a Dick, ecc. Ma se ci si lascia semplicemente trasportare dall’appassionante storia e dalle sensazioni che evoca, vi si troverà il piacere del puro spettacolo e qualche suo aspetto interessante, come il suggestivo contrasto tra l’oblio e la memoria, la nostalgia malinconica del ricordo di un bel passato e lo speranzoso avverarsi di un bel sogno, l’amaro dispiacere di ciò che si è perso e il desiderio fiducioso di un suo possibile ritorno o recupero… Perché in fondo il vero messaggio del film è tutto qui, nel doveroso lottare per un futuro e un’umanità migliore, e soprattutto, nel credere nella forza di un destino e di un’utopia…

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