The Book of Boba Fett: la recensione della serie spin-off di The Mandalorian

Il cacciatore di taglie è tornato nell'universo di Star Wars con 7 episodi

the book of boba fett
PANORAMICA
Regia (2.5)
Sceneggiatura (2)
Interpretazioni (2.5)
Fotografia (2.5)
Montaggio (2.5)
Colonna sonora (3.5)

L’universo di Star Wars continua ad espandersi e ora ha dedicato spazio ad uno dei personaggi più amati della trilogia originale: Boba Fett. Il cacciatore di taglie è riapparso nella seconda stagione di The Mandalorian, interpretato da quel Temuera Morrison che ha già dato il volto al padre del personaggio stesso, Jango, nei film prequel di George Lucas.

Lo ritroviamo ora su Tatooine, a capo del sindacato del crimine che fu di Jabba the Hutt, ma dei flashback ci svelano anche la sua storia dopo la presunta morte ne Il Ritorno dello Jedi. Non è spirato tra le fauci del sarlacc, come si pensava, ma è riuscito a sopravvivere ed è stato accolto e addestrato dai Tusken, la tribù di sabbipodi raccontata in The Book of Boba Fett con un piglio documentaristico preciso e affascinante.

L’ispirazione western è evidente ed è la stessa della serie originale di cui The Book of Boba Fett è talvolta spin-off e a volte semplice appendice. Nonostante la mano di Robert Rodriguez e Jon Favreau e fatta eccezione per le incursioni di Bryce Dallas Howard, la qualità generale sembra al ribasso. Mancano delle sfumature, soprattutto registiche e di fotografia, a dare spessore e qualità al racconto: i fan più puri hanno storto il naso per le trovate Z-Gen su Tatooine, popolata ora di giovani teppisti con appariscenti motociclette, ed è complicato scendere a patti con quanto è stato stravolto il protagonista principale.

Boba Fett è passato dall’essere uno spietato assassinio cui persino Darth Vader doveva dire «Niente disintegrazione!», a virtuoso paladino dei più deboli: la versione senza casco del personaggio perde quindi un po’ di carisma, non ha lo stesso spessore e mistero dei suoi giorni di gloria. A dare sostanza al suo racconto, oltre allo spaccato sui Tusken, ci pensano però vicende non strettamente legate al suo “libro” ma che portano avanti la mitologia di Star Wars.

Non c’è spazio solo per il mercenario: torna anche il Mandaloriano di Pedro Pascal, oltre ad una nuova versione ringiovanita di Luke Skywalker. Proprio questa commistione tra passato e presente rappresenta la forza e il limite della serie: i momenti in cui si percepisce che si è voluto alzare il livello dell’hype grazie a trovate fan service e l’introduzione di nuovi personaggi (Cad Bane su tutti) vanno meravigliosamente a segno, ma rischiano al contempo di risultare eccessivamente slegati da quella che – da titolo – dovrebbe essere la linea principale e il punto di vista del racconto.

Sembra quindi paradossale che le scene migliori di The Book of Boba Fett siano quelle senza Boba Fett, personaggio dal quale probabilmente ci si aspettava non solo un diverso sviluppo, ma anche una diversa messa in scena. Per i fan di Star Wars resta comunque un altro imperdibile pezzo di storia, in grado di far venire i brividi a più riprese, proprio come era stato per Rogue One e The Mandalorian, non a caso i progetti più riusciti del nuovo “Rinascimento intergalattico”.

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