Ribelle – The Brave: la recensione di Emilia Iuliano

È l’arciere più abile del regno. Si arrampica su alberi e pareti rocciose impervie come uno scoiattolo. Le formalità e le buone maniere sono un concetto astratto e inafferrabile, ma le foreste non hanno segreti per lei. No, non è Katniss Everdeen, la protagonista della saga young/adult Hunger Games. È Merida, la nuova principessa Disney partorita dagli studi Pixar, il primo eroe in gonnella della casa di John Lasseter.
Il fatto che le due si assomiglino molto, d’altronde, è in parte frutto di congiunture sociali, che ormai da qualche tempo vedono personaggi femminili in ruoli maschili (e viceversa). Donne o – più spesso – adolescenti impegnate ad affermare la propria indipendenza, specialmente dagli uomini.
Un elemento determinante, però, allontana Merida dal percorso di Katniss. Tirare con l’arco ed esplorare i boschi non è una necessità, ma un gioco, uno svago, un diversivo dalla noiosa vita di corte, da rituali antichi e lontani di cui la principessa fatica a trovare il senso. A cominciare dal matrimonio con uno dei figli dei capo clan. È questo il primo elemento di rottura con i classici Disney, ai quali tuttavia si rende continuo omaggio, grazie a un ben orchestrato mix di tradizione (specialmente iconografica, con riferimenti inattesi come accade per Il libro della giungla – verificherete con i vostri occhi) e modernità (tematica).
Merida non è Aurora, non è affatto una “Bella addormentata” e categoricamente non accetta il matrimonio pseudo-combinato che re e regina vorrebbero imporle. Così, sfidando tutto e tutti, combatterà per la propria mano al torneo di tiro con l’arco. Imbacuccata come Lady Marian in Robin Hood scenderà dal palco reale, armata e incappucciata come il protagonista per competere contro i suoi stessi pretendenti e come la volpe del film Disney del 1973 li umilierà tutti.
Un gesto inaccettabile per la regina, che creerà uno “strappo” profondo nel loro rapporto, nel quale non faticheranno a immedesimarsi molte ragazzine dei giorni nostri. Per trovare una soluzione, Merida farà ricorso alla magia, seguendo le orme delle sue disneyane antenate, ma l’incantesimo di una vecchia strega arrugginita finirà per mettere in pericolo il suo stesso regno e i suoi cari. Dovrà essere proprio lei, in una corsa contro il tempo sul suo destriero nero, a porre rimedio al danno: il principe azzurro sul cavallo bianco non esiste più. O meglio, non ha più senso di esistere.
La vicenda si snoda tra le vallate di una Scozia medievale nei cui splendidi colori ci immergiamo grazie a un luminoso 3D, che conferma ancora una volta l’animazione come campo d’eccellenza (almeno per ora) della tecnologia. In questo caso, in particolare, la terza dimensione valorizza il superlativo spettacolo grafico (i rossi riccioli di Merida valgono da soli il prezzo del biglietto) realizzato dai maestri Pixar. La tecnica è il vero fiore all’occhiello di un film che sembra fare qualche passo indietro sulla scrittura rispetto a capolavori – decisamente più adulti – come Up o WALL-E. Non manca comunque la solida costruzione dei personaggi, dai protagonisti ai caratteristi, che non smentiscono il tradizionale ironico umorismo di casa Pixar.

Nota a margine: Il film, come già accaduto in passato, è preceduto da un cortometraggio, La luna, anch’esso in 3D e scritto e diretto dall’italiano Enrico Casarosa, già Storyboard Artist Pixar per Up. Il corto è una vera perla di poesia. (Leggi l’intervista a Enrico Casarosa, realizzata da Best Movie nel 2010)

 

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Mi piace
L’ennesima prova di maestria grafica. Il sapiente uso del 3D. Gli spettacolari capelli di Merida.

Non mi piace
La sceneggiatura, seppur solida, manca dello slancio e dell’originalità ai quali ci hanno abituati capolavori come Up o WALL-E.

Consigliato a
Un pubblico giovane, in grado di immedesimarsi con i conflitti generazionali, tra genitori e figli, protagonisti del film.

Voto
3/5

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