Due settimane scarse di programmazione nelle sale e questo film è già sulla bocca di tutti. Da nord a sud, da est a ovest, solo complimenti entusiasti per Ron Howard.
Tutti meritati; “Rush” è un gran film. Uno dei migliori degli ultimi tempi.
Non solo per la fotografia splendida e accattivante, per la regia ritmata, o per la perfetta atmosfera di tensione creata da Hans Zimmer con la sua musica.
Rush eccelle per la prova recitativa dei suoi interpreti principali: Daniel Brühl (qui il pilota Niki Lauda, team Ferrari), che abbiamo conosciuto soprattutto nei panni di Alex, il ragazzo che, in “Goodbye Lenin!”, fa di tutto per evitare alla madre il trauma del cambiamento radicale che è avvenuto in Germania durante gli 8 mesi da lei passati in coma, o, più recentemente, in veste di ufficiale nazista, mentre corteggia Mélanie Laurent in “Bastardi senza Gloria”;
Chris Hemsworth (qui James Hunt, team McLaren), quel braciolone biondo del Dio Thor, le cui capacità vengono finalmente a galla dopo che, nell’opera firmata Kenneth Branagh, venivano messe in ombra dalla travolgente personalità del villain Loki.
Bravissimi, superfluo aggiungere altro.
Doveroso nominare anche Pierfrancesco Favino. In un momento così di crisi per il nostro cinema, è uno dei pochi che ci aiuta a rialzare un poco la testa.
Il più grande merito di Ron Howard è però soprattutto quello di riuscire a renderti partecipe, anche emotivamente, di una storia che non ti appartiene.
Generazione ’88, non ho mai vissuto la leggendaria rivalità tra i due piloti di Formula uno, né sono mai stata sfiorata dal più vago interesse per le corse automobilistiche.
Quel 20% di probabilità di morte che ogni pilota accetta ogni volta che scende in pista, rimane un prezzo troppo alto da pagare.
Ma la passione che spinge ad una tale follia la senti vibrare. E forte.
La capisci.
Quella tra i due campioni del mondo Lauda e Hunt non è stata solo rivalità.
Dal momento in cui la sfida ha avuto inizio, già tra i circuiti minori, tra quei due uomini così caratterialmente opposti si è instaurato un rapporto di “Odi et Amo” di difficile definizione, ma comprendente un insieme di voglia di sopraffazione, invidia e di rispetto e ammirazione reciproci.
Probabilmente non sarebbero stati così Grandi l’uno senza l’altro.
Ron Howard è stato magistrale nel raccontarcelo.
Voto: 8/10
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