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Stanno tutti bene: la recensione di Eddie Morra

Stanno tutti bene: la recensione di Eddie Morra

Un viaggio melanconico dentro le nostre ondeggianti increspature… Sarà la mia età, prettamente inteporita in sonni “pensionabili” che ha addolcito di levità un film, nelle sue dense imperfezioni, a gustarlo friabilmente agonico negli occhi “dormienti” d’un De Niro di “morbida zuccherosità”, ad aver allievato corde rigide d’un “muscolo insensibile”, qual è il mio, spesso gelido, nel suo “invernal” crepuscolo ad accudire solo il cinismo di chi è preda delle baraonde, e sghignazzerà, “buffeggiando”, un’opera delicata come questa, che si tinge di colori pastello per tinger i nostri occhi d’una patina commossa, dalle iridi lagrimevoli ancora d’una sincera emozione. Il Tempo che, infingardo, ruba i sogni e li scalfisce, l’inietta di “nettari” che ottenebran solo l’allegria, ammorbandola d’un sapor “rabbuiato” nelle sue erosioni imperiture, poiché già approdati alla morte, quasi ce n’avvinazziamo, a celebrarci eroi d’un “brancolarci” da “sapidi” che han smarrito l’ombra della propria anima.
Questo film inneggia, nel suo “Bellissimo-garbato”, a custodirla per librarla in volo, come vetri smerigliati d’un pullman del nostro viverci, di torbido “dissolverci” pulsando, o d’un acchetarla per auscultarla con intensità a batterci dentro, a immergerci nelle sue intrise palpabilità, anche laconiche, o trasparenti come un “piccolo” sogno onirico che “sonnecchia”, e vividamente si sveglia, in giardino sotto il temporale, quando i nostri cari figli c’han confidato segreti “inconfessabili”, le verità nascoste che sempre abbiamo schivato perché c’avrebbero ferito. O, solo nella coscienza d’un padre che non voleva esserne consapevole.
De Niro, mansueto in un'”ipocondria” nostalgica del (suo) Tempo, s’incardina in una “catatonica” essenza d’un Cuor assopito che vaga per l’America, lungo i fili “arrugginiti” della sua incendiaria passione a baciarli, a coccolarli nelle sue vene d’aroma candido, a serbarli dai pericoli e indirizzarli alla “strada”.
Un oscarizzabile “duro” che s’è intenerito sorprendentemente, quasi a straziarsi.

(Stefano Falotico)

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