Taken – La vendetta: la recensione di Gabriele Ferrari

Meno male che Kim Mills è figlia unica.

Rapita dagli albanesi schiavisti durante la sua ultima gita a Parigi, la ritroviamo in Taken – La vendetta in bikini, camicia di jeans e piedi nudi stile Bruce Willis in Die Hard a lanciare granate dai tetti di Istanbul per scovare il fetido buco dove i terroristi hanno nascosto il padre Bryan e la madre Lenore. Da ragazza in pericolo a eroina: un notevole salto di qualità, inversamente proporzionale, purtroppo, a quello compiuto dalla saga con questo sequel.

Un attimo di pausa per chi si fosse perso le puntate precedenti. È il 2008 quando esce Io vi troverò, supposto direct-to-video che per qualche motivo trova la strada dei cinema e incassa oltre 200 milioni di dollari. L’eroico padre di famiglia (nonché assassino a sangue freddo) Bryan Mills (Liam Neeson), one man army in missione contro la mafia albanese per liberare la figlia (Maggie Grace), diventa un idolo, al punto da meritarsi un sequel. Stacco al giorno d’oggi, nei cinema arriva Taken – La vendetta. Già dal titolo anni Ottanta si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una mezza barzelletta. Si scommette: chi rapiranno questa volta? E perché? Si scopre così che uno tra le decine di morti del primo film aveva un padre (Rade Serbedzija), fermamente intenzionato a vendicare la sua defunta creatura. L’occasione è una vacanza a Istanbul per la famiglia Mills: questa volta nelle grinfie dei cattivi finiscono, come si diceva, marito e moglie, con la figlia unica speranza di salvezza per i tre. Almeno fino a che Bryan non riesce a liberarsi e a trasformare il film in una brutta copia del capitolo precedente.

Ci sono molte cose che vanno storte in Taken – La vendetta. La moltiplicazione dei piani narrativi (Maggie, Bryan, Lenore: raramente stanno tutti e tre insieme) fa perdere ritmo alla storia: non più lineare percorso di vendetta che si poggia sull’interpretazione di Neeson come nel primo film, ma un pasticcio tra le strade di Istanbul in cui poche tra le scelte dei personaggi hanno davvero senso – si veda il discorso delle granate accennato sopra. Maggie Grace, poi, è inadeguata come eroina action, tanto che il suo ruolo si riduce presto a quello della ragazza che urla di terrore a fianco dell’uomo che la protegge. Il quale uomo, peraltro, non è più la spietata macchina da guerra del primo film, ma un signore anziano e molto stanco (che comunque non si fa problemi a massacrare a sangue freddo un’altra trentina di albanesi in un’ora e mezza di film). Il cambio in cabina di regia, infine, rovina le poche sequenze action che potevano funzionare, e che sono il motivo fondamentale per cui si guarda un film del genere; la responsabilità è di Olivier Megaton (Transporter 3), protetto di Luc Besson, poco talento ma un grande e ingiustificato amore per camera a mano e montaggio frenetico e incomprensibile.

A conti fatti, si salva poco o niente in Taken – La vendetta: un paio di battute divertenti, il volto truce di Neeson quando imbraccia una mitragliatrice, qualche scontro a mani nude coreografato meglio del resto del film. Noia e senso del ridicolo la fanno da padroni, e il finale che lascia spazio a uno (o due) sequel getta nello sconforto. L’unica speranza è che nel terzo capitolo rapiscano tutta la famiglia e chiudano qui un franchise partito bene e proseguito come peggio non si poteva. Meno male che Kim Mills è figlia unica.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace
Liam Neeson ha sempre una presenza scenica inimitabile. Un paio di sequenze interessanti, tra cui una corsa sui tetti di Istanbul.

Non mi piace
Tutto ciò che faceva funzionare il primo film è stato eliminato, o trasfigurato ai limiti del ridicolo.

Consigliato a chi
Non può fare a meno di sapere come prosegue la storia della famiglia Mills, la più rapita degli States.

Voto: 1/5

© RIPRODUZIONE RISERVATA