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Tempo instabile con probabili schiarite: la recensione di JAMovie

Tempo instabile con probabili schiarite: la recensione di JAMovie

Altro spaccato dell’Italia della crisi nel secondo lungometraggio del regista Marco Pontecorvo dopo l’esordio con Pa-ra-da.
Al centro della storia abbiamo i due amici di vecchia data Ermanno (Pasquale Petrolo, meglio conosciuto come “Lillo”) e Giacomo (Luca Zingaretti), che sono soci di una cooperativa marchigiana che produce divani ma che, causa il periodo nero che attraversa il paese, è in forte crisi.
Tra una discussione e l’altra sul come poter salvare l’attività senza dover licenziare nessuno, un giorno, per errore, Giacomo rompe quella che lui pensava essere un tubo di fognatura. Ma quello che esce non è liquame puzzolente e schifoso, ma una miscela di idrocarburi, ovvero, petrolio.
Una seconda possibilità ? Una chance per poter salvare l’azienda e ripartire?
L’oro nero ha il potere di offrire tutto questo a chi lo trova, ma si sa, quando arrivano tanti soldi, arrivano sempre tanti guai.
E sarà proprio sul come gestire la situazione che Giacomo, dallo spirito più imprenditorialista e molto intraprendente, si scontrerà con Ermanno, da sempre più vicino al mondo operaio, sul come sfruttare questa arma a doppio taglio che da un lato può farti diventare l’uomo più ricco del mondo ma che dall’altro esige un enorme sforzo economico per un investimento che può rivelarsi una bufala.

La ricchezza proveniente dal petrolio, la crisi economica che colpisce maggiormente l’artigianato made in Italy, l’incomunicaibilità tra nuove e vecchie generazioni, ed il manifestarsi di vecchi clichè politici sono alla base del secondo lungometraggio del regista Pontecorvo, che a tutto questo aggiunge un elemento nuovo che sta a significare forse una voglia di osare che ora il nostro cinema non ha, vuoi per mancanza di iniziativa, vuoi per mancanza di fondi : accanto alla storia di Ermanno e Giacomo, in parallelo, il regista affianca quella immaginaria del figlio di Ermanno, Tito, che ama i manga e disegna fumetti, inventandosi una storia in cui lui impersonifica un giovane eroe che deve catturare ed uccidere un nemico molto cattivo (che simboleggia il padre, che sembra non stimare molto la sua passione per i manga).
Nel cast troviamo anche un John Turturro made in Italy, che non sembra essere molto a suo agio nell’utilizzare l’italiano come lingua per la recitazione ma che rappresenta bene lo stereotipo dell’imprenditore venuto dal Texas e con sangue tricolore nelle vene, alias Ingegnere Lombelli.
E nelle insolite vesti di una contabile molto preparata e scrupolosa nel suo lavoro ma molto impacciata nella vita sociale, sia nell’atteggiamento che nei modi di fare e vestire, c’è Carolina Crescentini, che non avevamo ancora visto nei panni di un’ingenua ragazza molto titubante e spaventata anche dalla sua ombra ma che testimonia il fatto che la bionda attrice sa muoversi più che bene all’interno di personaggi molto differenti da quelli precedentemente interpretati e che non rappresentano a pieno il suo vero modo di essere.
Zingaretti fa il compitino, sufficiente ma non di più, soprattutto anche con l’approccio al dialetto marchigiano che il regista ha voluto dare ai personaggi, non più il solito maceratese con cui c’eravamo abituati già ai tempi di un giovane De Sica sacerdote in “Vacane in America” ma quello pesarese, simbolo di quella spensieratezza e ottimismo di cui tanto oggi il popolo italiano ha estremamente bisogno (ottimo nel mescolarsi alle scene dei manga, che invece vengono da un mondo più introverso, fatto di regole e tradizioni da rispettare).
A sorprendere stavolta semmai è Pasquale “Lillo” Petrolo, che avevamo sempre visto al fianco di “Greg” in parti comiche e che invece questa volta troviamo in una veste sempre ironica ma più seria, incarnazione di quella “sinistra” che da sempre è vicino ai lavoratori ma che oggi, davanti al Dio denaro ed alle possibilità di aricchirsi, perde un po’ la bussola su quelli che sono da sempre stati i suoi veri valori.

Un film che senza prendersi molto sul serio e senza approfondire eccessivamente le tematiche descritte, oltre a quella del ricambio generazionale (i grandi che vedono le nuove generazioni troppo rammollite e non concrete, quando a loro volta, loro erano visti così da quelle che le hanno precedute), ci da in chiave un po’ ironica e un po’ amara una delle facce dell’ Italia di oggi, un Italia schiacciata dal periodo di crisi che sembra non finire mai, ma un Italia che forse dovrebbe e potrebbe osare di più, un Italia che si lamenta di quello che non c’è ma che quando ha un’occasione tra le mani non sa come sfruttarla, o ha paura di sfruttarla, paura di cambiare, paura di affidarsi alle nuove generazioni, solo perchè differenti ( e non significa peggiori ) di quelle precedenti.

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