The Artist: la recensione di Giorgio Viaro

The Artist è un sofisticato passatempo iper-cinefilo: racconta la storia di un divo del cinema muto, George Valentìn (Jean Dujardin), che con l’avvento del sonoro si ritrova senza fama e senza lavoro, mentre Peppy Miller (Bérénice Bejo) – una giovane di talento lanciata proprio da lui pochi mesi prima – diventa una star della nuova Hollywood.
La trovata del film è che tutto questo viene raccontato attraverso il cinema muto stesso, in bianco e nero e con le didascalie a schermo intero. Il gioco è manifesto e metacinematografico: la pellicola non è davvero muta, perché sentiamo per tutto il film un commento sonoro che ovviamente non è prodotto da un’orchestra in sala. La trovata serve dunque a creare una serie di “effetti speciali” ottenuti per sottrazione: se la normalità è l’assenza del suono, anche un bicchiere che posato su di un tavolo produce senza preavviso un colpo secco diventa ragione di stupore. Allo stesso modo i cartelli che riportano le battute dei protagonisti o i suoni onomatopeici vengono utilizzati su più piani di significato, con consapevolezza post-moderna (un uomo si punta una pistola alla tempia, un cartello dice “BANG!”, e subito dopo scopriamo che un auto è finita contro un albero, mentre l’uomo guarda perplesso dal davanzale). Un omaggio del cinema al cinema del tutto autoreferenziale, ma abbastanza lieve, romantico ed elegante da risultare un piacevole passatempo. Da segnalare che nei ruoli di contorno ci sono anche John Goodman, James Cromwell e Penelope Ann Miller.

Mi piace
L’idea di rilanciare il cinema muto trattandolo come fosse un unico, grande effetto speciale.

Non mi piace
Il film si dilunga troppo nella parte in cui descrive la depressione del protagonista, togliendo leggerezza al film.

Consigliato a chi
A chi, nell’era del digitale, sente il bisogno di un cinema che ripensi se stesso, guardando al passato.

Voto: 4/5

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