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The Post: la recensione di Mauro Lanari

The Post: la recensione di Mauro Lanari

Spielberg ha «interrott’un progett’in corso (“The Kidnapping of Edgardo Mortara”) per questo film deciso e girato in velocità all’indomani dell’elezioni che hanno portato alla presidenza degli Stati Uniti quel Donald Trump che, nelle parole della Streep, “mostra ogni giorno ostilità nei confronti della stampa e delle donne”. Lei ed Hanks sono saltati sul tren’in corsa accantonand’ogn’impegno precedente. “Time’s Up”, ovvero “il tempo è scaduto” (che sottintende “è ora di cambiare”), è il nome del fondo legale istituito, fra gl’altri, proprio da Meryl Streep e Steven Spielberg per finanziare le cause intentate da donne che denunciano molestie sessuali sul lavoro. Il regista ha lavorato nelle medesime condizioni dei suoi protagonisti e l’energia è quella d’un reportage di guerra condotto negl’interni delle redazioni o di lussuose dimore» (Marzia Gandolfi & Paola Casella). Un pamphlet liberal accattivant’e impetuoso ma politicamente superficiale: ha ragione Alò quand’accus’i dem yankee d’evitare un “discorso sullo stato dell’Unione” che cominci dal “Deep State”. Senza tal’approfondimento, “The Post” è un “instant movie” epidermico, un prequel del Watergate di Pakula (1976) che, fin dalla locandina, s’accontenta di sostituire “American First” con “Women First” concedendos’il vezzo di citare “‘L’État c’est moi” attribuit’a Luigi XIV.

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