Thor: The Dark World: la recensione di luca ceccotti

Come per un grande puzzle al quale si lavora con pazienza e perseveranza, la Marvel, anno dopo anno, aggiunge sempre più tasselli al suo universo cinematografico, incastrandoli sapientemente l’uno all’altro. Un lungo percorso di edificazione, che arrivato ormai alla seconda fase del suo corso, procede spedito e convinto nella direzione dell’action-comedy a base di supereroi, di cui Thor: Tha Dark World ne è l’opulenta ma un po’ stanca esasperazione.

Il secondo capitolo dell’eroe con il martello prende il via un anno dopo quanto successo in Avengers, trasferendo l’ambientazione terrestre in europa, a Londra, e ingrandendo magnificamente il già ricco mondo Asgardiano presentato nel primo capitolo. Come fu per la storia della distruzione dei giganti di ghiaccio, anche questa volta un prologo eccellente fa da apripista alla trama vera e propria, che, in sintesi, vede Malekith, malvagio signore della razza degli Elfi Oscuri, intenzionato a far cadere tutti e nove i regni in una perenne oscurità, e ovviamente il nostro biondissimo Thor ostacolare suddetto piano malefico, sempre insieme ai suoi fidati compagni e questa volta anche con il meno fidato fratello, Loki. C’è tutto, in effetti, peccato però non brilli proprio come ci si aspettasse, e se vogliamo anche soffermarci su di uno spicciolo paragone con Iron Man 3, verrebbe da aggiungere che le critiche mosse allo script di Black dovrebbero essere estese e infarcite anche per quello di Thor: The Dark World.

Infatti, nonostante gli elementi a favore, quella che si è andata a costruire è una storia priva di tensione e fatta di momenti che sanno di già visto, senza ribaltamenti positivamente entusiasmanti o negativamente esagerati. Il film non osa, e anzi sembra voler mettere la storia al servizio dei personaggi, e non viceversa. Ciò che appare chiaro è la decisione di concedere più centralità al rapporto (comunque non ben indagato) tra i due fratelli, Thor e Loki, che pur volendo donare drammaticità e profondità al loro legame, riesce in verità solo a far sorridere attraverso i continui battibecchi tra i due.
Proprio in merito ad una ricercata ma non riuscita drammaticità, nelle sapienti mani di Alan Taylor, già al lavoro su I Soprano e Game of Thrones, le speranze di vedere picchi drammaturgici di almeno medio livello c’erano, e invece, pur dirigendo egregiamente le scene d’azione e in generale l’intera pellicola, Taylor si sofferma su alcuni primi piani di poca intensità per quanto riguarda le scene parlate, senza particolare estro creativo.
Eppure, in un film Marvel, ciò che conta davvero è l’azione, gli scontri tra i personaggi, i loro poteri e la loro relativa forza, e in questo Thor non delude affatto.
Sorvolando sui già conosciuti figli di Odino (tra l’altro interpretato ancora egregiamente da Sir. Hopkins), su tutti spicca Malekith, che seppur con un approfondimento abbastanza abbozzato, riesce ad essere un villain di tutto rispetto, tra l’altro magnificamente trasposto su schermo da Christopher “Nono Dottore” Eccleston, e con un look tenebroso e affascinante. Lo scontro finale tra lui e il possente Dio del Tuono è entusiasmante ed eccezionalmente strutturato su più livelli, anche se purtroppo ha un epilogo troppo semplice e virato ad una chiusura velocizzata e di poco impatto; molto meglio, ad esempio, quella del fedele sottoposto dell’Elfo Oscuro. Menzione speciale va a Idris Elba, che con Heimdall fa un ottimo lavoro, svelando finalmente la vena più action e attiva del personaggio.

Ovviamente, per quanto concerne la
parte tecnica, c’è poco da dire: magnifiche scenografie extraterrestri, (prima fra tutte un’immensa e magnifica Asgard), effetti speciali di prima qualità e una colonna sonora evocativa firmata da Bryan Tyler (già autore della OST di Iron Man 3) che da all’intera pellicola lo stesso tono epico e fantastico che Patrick Doyle aveva già dato al capitolo precedente.

La macchina Marvel continua in modo sostenuto sulla strada che ha deciso di percorrere, poco tortuosa e quindi facilmente percorribile. Il problema è che la troppa facilità dopo un po’ stanca, e non è detto che l’arrivo poi sia tanto tranquillo. Ma per ora appelliamoci al detto “l’importante è il viaggio e non la destinazione”, consideriamo la facile sceneggiatura solo punto di inizio, divertiamoci con le meravigliose scene d’azione e consideriamo il tutto per quello che effettivamente è: puro intrattenimento. E tanto basta per godersi il viaggio.

Voto: 7

Luca Ceccotti

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