Un amore di gioventù: la recensione di Emilia Iuliano

Il primo amore non si dimentica mai. Nel bene e nel male. Lo sa perfettamente la regista poco più che trentenne Mia Hansen-Løve, la quale si è inventata un film ad hoc, il semi-autobiografico (come anche i suoi film precedenti, vedi Il padre dei miei figli) Un amore di gioventù, per metabolizzare probabilmente le proprie ferite.

L’autrice porta sullo schermo otto anni del suo alter ego Camille (un’intensa Lola Créton), perdutamente innamorata di Sullivan (Sebastian Urzendowsky, che esce completamente oscurato nel confronto con la collega), un ragazzo poco più grande, emblema del sognatore ribelle giramondo. Proprio la sua partenza alla volta del Sud America spezzerà per la prima volta il cuore della giovane. Finendo quasi per annientarne ogni difesa, psichica e fisica, quando l’unico legame rimasto (una sporadica corrispondenza epistolare) arriverà al capolinea. Un abisso dal quale Camille uscirà a fatica dopo diversi anni, anche grazie all’amore e alle cure di un uomo maturo, il suo professore di architettura, che si rivelerà un compagno fidato e una guida. Fino all’inatteso ritorno di Sullivan.

La matrice autobiografica (anziché al cinema, come la stessa Mia, Camille si dedica a un’altra forma d’arte) del film è messa in luce dall’uso descrittivo e documentaristico della macchina da presa, che smania per spiegare e analizzare ogni sfumatura sentimentale. Come trasportata dall’esigenza di non dimenticare. Nulla. Emerge così una lodevole cura per i dettagli, che però finisce per distrarre lo spettatore, creando un’involontaria (?) distanza emotiva. Un effetto straniante, specialmente se paragonato a opere affini di altri autori più o meno coetanei, come L’amore giovane di Ethan Hawke, il cui merito stava proprio nel riuscire a catturare il pubblico, ricreando sullo schermo la magia rarefatta dell’innamoramento.
Come nella vita reale, spiegare i sentimenti li priva inevitabilmente della loro poesia.
Neppure la convincente interpretazione della Créton riesce a rimediare all’esasperata ricerca della verità, di una spiegazione.

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Mi piace
L’intensa e autentica interpretazione della protagonista

Non mi piace
L’analisi che aiuta a metabolizzare il dolore non rende, però, giustizia all’incanto tipico dell’amore di gioventù che si vorrebbe raccontare

Consigliato a
Chi vuole rivivere il primo amore con il senno di poi

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