L’ondata di “biopic” che sta investendo le sale cinematografiche in questo periodo prosegue senza sosta portando alla luce una nuova biografia, quella di Louis Zamperini, interpretato da Jack O’Connell, un italo americano, atleta e soldato dell’aviazione statunitense, catturato e reso prigioniero dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Una storia singolare la sua, gareggiare alle olimpiadi, inseguendo avversari e sogni di gloria e vedersi catapultato di li in poi in guerra contro il Giappone. La pellicola è uno spot a “non arrendersi mai” affrontando al meglio la vita in tutte le sue forme. Il nostro protagonista dopo un’infanzia turbolenta, per via del suo carattere per nulla docile, trova nell’atletica leggera uno spirito di rivalsa, arrivando a partecipare nel 1936 alle olimpiadi di Berlino, classificandosi ottavo nei cinquemila metri piani, ma focalizzando, ciononostante, l’attenzione su di se per lo strabiliante ultimo giro record, tanto da riuscir a strappare un commento positivo ed una stretta di mano per sino al fuhrer Adolf Hitler (episodio raccontato dallo stesso Zamperini ma non menzionato nel film). Accantonata l’esperienza olimpica, con il sogno di partecipare alla successiva olimpiade di Tokyo (in seguito annullata) come coronamento di un sogno, parte per la guerra assolvendo il ruolo di puntatore di un B-24. Sfortunatamente quest’ultimo precipita in mare dopo un attacco nemico, causando la morte di alcuni dell’equipaggio, all’infuori di Louis ed altri due compagni. I tre superstiti restano a largo dell’oceano su di un gommone di salvataggio per quarantasette lunghi giorni, nutrendosi con cibo di fortuna ed abbeverandosi con la sola acqua piovana. Rimasti solamente in due, dopo la morte del loro compagno, consumato dalla fame e dalla sete, Louis e Phil (Domhnall Gleeson), ormai allo stremo delle forze e disidratati per la mancanza di liquidi, vengono scovati e “salvati” dai giapponesi, diventando di fatto dei prigionieri di guerra. Durante la permanenza all’interno del campo di prigionia subiscono molteplici vessazioni e torture, ad opera soprattutto di uno dei capi del campo, interpretato dal musicista giapponese Miyavi, chiamato in segreto dai reclusi “the bird”, il quale si mostra da subito ostile con Louis, mettendo continuamente alla prova la sua forza fisica, nonché interiore, con reiterate azioni meschine pur di ottenere il suo rispetto, inteso come sottomissione. La fine della guerra è il grido di libertà che permette ai tanti uomini rinchiusi e schiavizzati in quel luogo di poter tornare a casa dalle loro famiglie. Per la seconda volta, il premio oscar, Angelina Jolie (Ragazze interrotte) torna dietro la macchina da presa per raccontare un’altra storia ambientata in un periodo di guerra. Nel suo primo film raccontava la storia d’amore tra un soldato serbo ed una prigioniera bosniaca (Nella terra del sangue e del miele), stavolta ci porta a conoscenza della biografia di un personaggio caparbio e instancabile e la sua lotta contro il suo aguzzino nipponico, sullo sfondo della seconda guerra mondiale, dimostrando ancora una volta la sua straordinaria attitudine e sensibilità nell’affrontare temi che interessano l’aspetto umano in contesti di assoluta criticità ed in zone depresse e colpite da questa stupida ed inutile giostra di terrore che è la guerra. Non a caso proprio nel 2014, l’affascinante eroina di Tomb raider, vinse l’oscar umanitario “Jean Hersholt”, assegnato a coloro che si distinguono per azioni lodevoli in campo umanitario. Il film, tratto dal libro, “Unbroken”, scritto da Laura Hillenbrand, è prodotto dalla stessa Jolie, avvalendosi della sceneggiatura dei fratelli Coen, ed è una versione, tuttavia, troppo schierata in favore della “potenza” americana, dirigendo il suo obiettivo solamente sulla figura eroica del personaggio in questione e sulla perfidia e l’astio dei soldati giapponesi nei confronti di quelli americani, scaturendo, a tal punto, l’aspra critica nipponica nei riguardi del film, denunciandolo come “una pura invenzione priva di assoluta credibilità e moralità!”. Buona visione e ai posteri l’ardua sentenza…
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