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Warrior: la recensione di Annu83

Warrior: la recensione di Annu83

Molte volte i battle movie amano trattare il tema del combattimento come “lotta per la sopravvivenza, e questo li rende un po’ scontati. Warrior, per come si dipana la trama e per come vengono scoperte poco a poco le carte, potrebbe fare la differenza.
E’ abbastanza doveroso partire da questo presupposto per poter parlare del film, che in sè è un ottimo film. Anzi, sicuramente uno dei migliori di questo 2011 che, in realtà, sembrerebbe un po’ avaro di lavori eccellenti.
L’unica pecca è che Warrior è un po’ come una macchina preparata per il quarto di miglio, parte fortissimo e tiene un ritmo adrenalinico e spaventosamente teso per tutta la gara, ma l’ultimo quarto, quello dove si tira la leva del NOS per staccare le altre vetture e aggiudicarsi la gara, difetta del cambio di marcia. Difetta del NOS. E si compie così il classico “miracolo”, l’american dream che troppe volte infeltrisce le trame dei film d’oltreoceano e li rende troppo somiglianti a semplici commedie.
Ora, non è che si voglia per forza il finale intriso di pessimismo (che poi sarebbe più semplice chiamare “realismo”), ma in un film del genere, dove il ritmo è serrato, le circostanze ed i personaggi sono perfettamente delineati e dove lo spettatore ha in chiaro le forze in gioco, eccedere con questa pratica masochista del lieto fine un po’ sconcerta.
Sottolineato questo solito tallone d’achille, tutto il resto, nella pellicola, è perfetto. I dialoghi, le interpretazioni (assolutamente fantastica quella di Nick Nolte nella parte di un reduce, ex alcolista, che cerca, appena ne vede la possibilità, di recuperare il tempo perduto con uno dei figli, tornando a fare quello che sa fare meglio, l’allenatore, e provando disperatamente a fare quello che non ha mai saputo fare, il padre), le musiche e una regia sapientemente calibrata e attenta a non cadere nel tranello dei mille primi piani inutili durante tutto il film, per poi concedere qualcosa quando le espressioni, gli sguardi e i gesti diventano l’unico mezzo di comunicazione che può sopraffare il frastuono della folla impazzita.
Ottima interpretazione dei due attori protagonisti, uniti da un unico denominatore, ma tenuti costantemente lontani per tutta la (lunga) durata del film. Poli opposti che faticano ad incontrarsi: Tommy, ex soldato taciturno e poco disposto a qualsiasi forma di contatto, e Brendan, padre di famiglia, insegnante di chimica molto apprezzato dai suoi studenti.
Ben realizzate le scene di lotta, rafforzate e probabilmente migliorate, dalla presenza dell’eroe locale (il film è stato girato quasi integralmente a Pittsburgh, dove a quanto pare risiede) Kurt Angle, ex wrestler professionista e oro olimpico ad Atlanta ’96 nella lotta libera.
In definitiva quasi due ore e mezza che corrono in fretta verso un epilogo sì un po’ scontato e intriso di sentimenti e bontà d’animo, ma passando per sensazioni diverse e contrastanti che non lasciano assolutamente deluso uno spettatore obbligato e rimanere incollato allo schermo…

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