Cinema ad effetto: Il corvo, quando il cinema compie il “miracolo” (Puntata 32)

Storia degli effetti speciali – Nel 1994 la computer grafica fece resuscitare il povero Brandon Lee, scomparso durante le riprese de Il corvo, che fu ultimato proprio grazie ai miracoli del digitale...

Oggi pubblichiamo la trentaduesima puntata del nostro approfondimento sulla storia degli Effetti speciali al cinema, con cui ripercorriamo alcuni dei momenti più memorabili passati sul grande schermo.

L’insostituibile utilità della computer grafica fu confermata una volta di più nel 1994 quando la morte di Brandon Lee, avvenuta tre giorni prima della fine delle riprese de Il corvo di Alex Proyas, mise a rischio il completamento stesso del film. Difficile immaginare come si sarebbe potuto ultimare la pellicola senza il suo protagonista se non grazie all’intervento di controfigure, ma soprattutto al montaggio digitale che permise di recuperare e unire scene del girato e scene realizzate in CGI. Il compito di fare il miracolo e “riportare in vita” Brandon Lee toccò alla Dream Quest Images, che curava gli effetti speciali del film insieme alla Industrial Light & Magic (lo studio di effetti speciali fondato nel 1977 da George Lucas).

La maggior parte delle scene incomplete riguardava il blocco dell’appartamento di Eric e Shelley (Sofia Shinas) e della loro vita insieme. Al momento della morte di Lee dovevano essere ancora filmate anche alcune scene collocate dopo il suo assassinio, come il momento in cui si applicava il famoso trucco, in cui bruciava le foto di Shelley e il suo incontro con Sarah (Rochelle Davis). La maggior parte di queste scene è stata realizzata con una controfigura, ma sette sequenze richiesero qualcosa di più: la Dream Quest utilizzò materiale già girato adattandolo alle esigenze grazie all’impiego del CGI.

Per esempio la scena in cui Eric entra nel suo appartamento in realtà fu ottenuta estrapolando la sua immagine da una sequenza in cui attraversa un vicolo sotto la pioggia battente. Lo sfondo e la pioggia furono cancellati digitalmente. La tecnica impiegata fu quella del mapping, che consiste appunto nell’applicare in CGI un’immagine su di un elemento presente nella ripresa. La difficoltà qui fu dovuta al fatto che questo tipo di procedimento non era stato previsto e quindi in fase di riprese non erano stati presi gli adeguati accorgimenti che avrebbero facilitato poi il lavoro. Solitamente infatti in questi casi viene usata la cosiddetta locked-off camera, montata su supporti motorizzati manovrati da un computer e per rendere il compositing perfetto all’immagine viene poi dato l’effetto mosso come se fosse stata ripresa dalla stessa camera (qui invece era stata usata una camera a mano!).

Dal momento inoltre che il film aveva un budget piuttosto limitato, molte scene dovettero essere girate in economia pur dovendo risultare realistiche. Questo fu permesso dall’uso di miniature. Tra queste per esempio la Cattedrale, che era un modellino combinato poi con le riprese degli attori davanti a un blue-screen, uniti anche a pioggia e nuvole digitali. Le miniature furono usate per molte scene anche della città, quando il corvo sorvola i palazzi e per l’inseguimento in macchina e quello con l’elicottero (che era a sua volta un giocattolo), che mescolarono anche riprese live-action e effetti ottici e di luci.

Un montaggio di scene de Il corvo

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