Che Thunderbolts* avrebbe portato nel Marvel Cinematic Universe un approccio più intimo e malinconico era chiaro già dai primi materiali promozionali. Ma ciò che il pubblico non si aspettava è che, nelle fasi iniziali della scrittura, il villain del film non fosse affatto Sentry, bensì un membro della squadra stessa: John Walker, alias U.S. Agent.
A rivelarlo è lo sceneggiatore Eric Pearson, che in una recente intervista a ScreenRant ha svelato come il progetto abbia attraversato diverse trasformazioni narrative prima di trovare il giusto equilibrio tra azione, tematiche psicologiche e dinamiche di gruppo. Un cambio di rotta che ha finito per ridefinire il cuore del film, allontanandolo dai consueti climax esplosivi per privilegiare un confronto più umano e profondo.
Secondo quanto raccontato da Pearson, nelle prime stesure della sceneggiatura di Thunderbolts* John Walker sarebbe stato al centro di un piano manipolatorio orchestrato da Valentina Allegra de Fontaine, pronta a sfruttare la sua instabilità emotiva e fisica per i propri fini. L’idea era quella di far credere a Walker che il siero del super soldato stesse svanendo e che l’unico modo per mantenere il controllo fosse affidarsi a una terapia farmacologica imposta dalla stessa Val. In realtà, il personaggio sarebbe diventato sempre più instabile, una bomba pronta a esplodere in stile Hulk, destinata a perdere il controllo proprio nel momento cruciale della missione.
Il conflitto finale tra John e il resto della squadra doveva culminare in un paradossale gesto di riconciliazione: Pearson, infatti, immaginava una conclusione in cui l’atto di violenza sarebbe stato spezzato da un abbraccio, anziché da uno scontro fisico. Un’idea affascinante, ma che secondo lo sceneggiatore non si integrava pienamente nel tono generale del film, che nel frattempo aveva preso una direzione più riflessiva e corale, con ispirazioni dichiarate a film come Breakfast Club.
È a quel punto che entra in scena Sentry, interpretato da Lewis Pullman, un personaggio straordinariamente potente ma segnato da una profonda lacerazione interiore. La sua presenza permette al film di esplorare temi legati alla salute mentale, alla depressione e al senso di colpa, ampliando la posta in gioco emotiva e distanziandosi dagli schemi classici del cinecomic. Il suo alter ego oscuro, The Void, diventa il catalizzatore di una battaglia che non si gioca solo sul campo, ma soprattutto nella mente e nell’anima.
Pearson ha spiegato che la scelta di introdurre Sentry non è stata casuale. Già durante il suo periodo nel Marvel Writers Program, oltre dieci anni fa, lo sceneggiatore aveva studiato a fondo il personaggio nei fumetti, rimanendo colpito dalla sua dualità: «Nei comics è una sorta di divinità dorata che si scontra con il male assoluto, ma io volevo spostare l’attenzione sul conflitto tra autostima e auto-distruzione». Una visione che ha permesso di reinventare Sentry come specchio delle fragilità emotive degli stessi protagonisti, portando nel cuore dell’MCU una riflessione inedita sulla vulnerabilità.
Nel trasporre il personaggio sullo schermo, gli autori hanno conservato alcuni tratti distintivi del Sentry fumettistico – la perdita di memoria, il senso di isolamento, l’esperimento fallito – ma li hanno rielaborati per adattarli alle esigenze del racconto cinematografico. «Volevamo onorare il materiale originale, ma senza forzature. È sempre una sfida trovare il giusto equilibrio», ha dichiarato Pearson.
Il risultato è un climax sorprendente, dove il nemico non è più solo un avversario esterno, ma una proiezione amplificata delle paure e dei limiti interiori di ogni personaggio. Thunderbolts* (qui la nostra recensione) rinuncia consapevolmente alla retorica dell’eroismo muscolare, per abbracciare una visione più complessa e malinconica, in cui la redenzione passa attraverso l’empatia, la condivisione del dolore e l’accettazione della propria oscurità.
Con Avengers: Doomsday già all’orizzonte, e con Sentry destinato a tornare, questa scelta narrativa potrebbe rappresentare un punto di svolta per l’intero Marvel Cinematic Universe, aprendo la porta a una fase più introspettiva, meno interessata alla vittoria, e più attenta alle ferite che i personaggi si portano dentro.
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Fonte: ScreenRant
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