Venezia 71: «Essere creativi è il miglior modo di vivere». James Franco e il segreto della felicità

Il regista e attore, insignito del Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2014, presenta Fuori Concorso The Sound and the Fury, tratto dal romanzo di William Faulkner

Attore, sceneggiatore, regista, produttore, scrittore, insegnante e, per hobby, anche pittore e scultore. Certo non si può dire che James Franco se ne stia con le mani in mano. «Se qualche anno fa ero spaventato dall’idea di non avere abbastanza tempo per realizzare tutto quello che avrei voluto fare nella vita, adesso credo semplicemente che dare sfogo alla mia creatività sia il modo migliore per vivere». Ecco la ricetta della felicità di un artista, la cui bulimica pulsione creativa – per qualcuno manifestazione di un ego smisurato – non è passata inosservata nemmeno agli occhi di Alberto Barbera, che non solo lo ha voluto protagonista al Lido per il secondo anno di fila (nella scorsa edizione era in Concorso con Child of God, dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy), ma gli ha anche attribuito il Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2014, in quanto «tra gli autori più versatili e poliedrici della nuova scena americana».

Quest’anno Franco (qui le immagini del suo nuovo look) “porta in dote”, seppur Fuori Concorso, il suo nuovo film da regista e interprete, ancora di matrice letteraria. The Sound and the Fury (leggi la nostra recensione) è infatti la traduzione in tre atti (anziché i quattro dell’originale) di L’urlo e il furore di William Faulkner (autore che James aveva già “saccheggiato” con As I Lay Dying), datato 1929. «Un classico della letteratura americana, uno dei miei preferiti da sempre. Nonostante sia stato scritto 80 anni fa, trovo che sia un libro estremamente sperimentale. L’adesione al modo in cui la storia viene narrata dallo stesso Faulkner mi ha dato l’opportunità di renderlo estremamente contemporaneo, sebbene sia girato in costume».

È la storia del declino di una famiglia bianca nel Sud degli Stati Uniti ai tempi della discriminazione razziale e della crisi economica, raccontata assecondando lo sguardo di tre fratelli, tutti a loro modo ossessionati dalla sorella Caddy. «È lei la vera ancora emotiva del film» spiega Franco, che ha affidato il ruolo ad Ahna O’Reilly; «è la terza volta che interpreta mia sorella. E se lei rappresenta una sorta di angelo custode, Scott è invece il diavolo» scherza, rivolgendosi ad Haze, l’attore che l’anno scorso aveva già diretto in Child of God e con cui è tornato a collaborare per The Sound and the Fury. Completano la famiglia Jacob LoebL’ho conosciuto all’università, è stato un mio studente») e lo stesso Franco, che si è ritagliato la parte di Benji, il fratello più difficile poiché affetto da un ritardo mentale che gli ha negato la parola e lo costringe a un’andatura zoppicante che ricorda quella del Leopardi di Elio Germano. «Forse mi sono dato questo ruolo perché posso sembrare un idiota anche nella vita» ironizza ancora. «Ma la verità è che, inserendomi nel cast, aiuto il mio produttore a vendere meglio il film. Comunque preferisco dedicarmi esclusivamente alla regia: perché quando hai la fortuna di avere a disposizione grandi talenti, da loro ottieni cose che nemmeno ti aspetto. E io mi aspetto proprio questo dal rapporto regista-attore: non esigo che seguano alla lettera le mie indicazioni».

Un modo di lavorare che ha maturato nel corso degli anni e di una carriera già particolarmente prolifica, sebbene abbia appena 36 anni. Nonostante in conferenza stampa nasconda il volto e la testa rasata sotto un cappellino, usando il sorriso spesso come arma per sfogare la tensione o anche solo la timidezza, nella sua voce si legge la sicurezza di un ragazzo che ad un certo punto ha deciso di non volere più aspettare. «Ho lavorato in tantissimi film; di alcuni vado molto fiero, altri invece sono obiettivamente pessimi. Ho sempre desiderato interpretare dei ruoli, che faticavano ad arrivare. Così mi sono detto: se vuoi che determinati film vedano la luce, devi darti una mossa».

Una scelta in qualche modo ispirata dalla madre, insegnante e scrittrice di romanzi e storie per bambini, «che mi ha sempre coinvolto fin da bambino nelle sue storie, chiedendomi il mio parere. Per molto tempo è stata la sua voce che ho ascoltato; oggi credo che l’influenza sia reciproca: lei ha iniziato a studiare recitazione e più volte ha partecipato ai miei film». Anche se Franco ammette che il reale punto di svolta nella sua carriera è stato Strafumati di David Gordon Green: «Lì ho imparato una delle lezioni più grandi e assorbito le dinamiche di un mestiere che ho voluto fare mio. E che in fin dei conti è il più bello del mondo, anche quando devi raccontare l’implosione di una famiglia e grugnire per la maggior parte del film».

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(Foto: Getty Images)

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