Thor: Ragnarok

Sulla scia dei Guardiani della galassia, Marvel confeziona uno dei suoi cinecomic più divertenti, e la chimica tra Hulk e il principe di Asgard è l’ingrediente perfetto

Thor: Ragnarok è esattamente come te lo aspetti: dirompente, caciarone e zeppo di combattimenti che sembrano usciti direttamente da un picchiaduro su console alla Mortal Kombat. Insomma, una virata piuttosto netta rispetto ai primi due capitoli, decisamente più seriosi (il primo, lo ricordiamo, era stato diretto dallo sheakespeariano Kenneth Branagh), dedicati al dio del tuono, qui protagonista di un film che nel mood riprende piuttosto fedelmente quanto fatto da James Gunn con i suoi Guardiani della Galassia e che lo sgrezza, arricchendolo di un pizzico di pungente ironia alla Tony Stark.

Nella timeline dell’MCU Ragnarok si colloca due anni dopo Avengers: Age of Ultron: il biondissimo principe di Asgard ha intuito che qualcosa di terribile sta per investire il suo regno e attraversa l’universo per capire se esista un modo per evitarlo. La piaga ha un nome, Hela (Cate Blanchett), meglio conosciuta come la dea della morte, decisa a riprendersi il trono prima occupato da Odino (Anthony Hopkins), sottomettere la popolazione e iniziare una devastante campagna di conquista per estendere il suo dominio a tutto l’universo. Per Thor inizia un vero e proprio calvario: privato del suo martello e dei suoi lunghi capelli biondi, si ritrova in una zona remota della galassia, confinato in una sorta di pianeta-discarica, costretto a combattere come gladiatore per guadagnarsi la libertà e tentare di far ritorno al suo pianeta natale per affrontare questa nuova nemica apparentemente imbattibile.

Il film diretto da Taika Waititi parte col botto, con Thor che si cala negli inferi per affrontare Surtur, villain “incandescente” che mira appunto a raggiungere Asgard per distruggerlo. Qui – accompagnato dagli acuti di Robert Plant in Immigrant Song – inizia a sbaragliare centinaia di nemici, sconfigge la creatura infuocata e si porta a casa come trofeo pure la testa di un drago di proporzioni tolkeniane. Dopo questo incipit forsennato il ritmo rimane alto, e il merito non è solamente delle tante e ben coreografate scene action (una su tutte lo scontro nell’arena tra Hulk e il figlio di Odino). Quando non si combatte, i toni sono quelli da slapstick comedy, ormai diventati un trademark di casa Marvel e qui gli sketch, col pregio di non sconfinare mai nella volgarità (fatta forse eccezione per una battuta di Anthony Hopkins pronunciata fra i denti), raggiungono un nuovo livello di efficacia. Ma oltre a questo, Thor: Ragnarok riserva diversi twist più o meno ad effetto, introduce nuovi personaggi e soprattutto evolve quelli che abbiamo ormai imparato a conoscere, incastrando il tutto in un ingranaggio perfetto e ben collaudato.

Chi colpisce di più è senza dubbio l’Hulk di Mark Ruffalo: come promesso tempo fa da Kevin Feige, per Bruce Banner questo film segna un nuovo inizio. Dopo due anni trascorsi senza più tornare in sembianze umane, il gigante verde è molto diverso da come era apparso nei primi due Avengers: ora parla, interagisce con gli altri personaggi e il suo atteggiamento da bambinone cresciuto e sempre molto arrabbiato lo rende una spalla comica perfetta per Thor, che dovrà convincerlo a seguirlo per combattere Hela. A completare il team di Revengers – come li definisce simpaticamente Thor stesso – ci saranno anche suo fratello Loki (Tom Hiddleston) e l’amazzone con il volto della bella Tessa Thompson (Creed), qui al suo esordio nell’MCU. Altre new entry degne di nota sono Korg (interpretato dallo stesso regista Waitiki), un gigantesco ammasso di roccia azzurra dall’ingenuità disarmante molto simile a La cosa dei Fantastici Quattro, e il Gran Maestro con il volto Jeff Goldblum: un entertainer sui generis e strampalato che gestisce il business degli incontri tra gladiatori sul suo pianeta-discarica e a cui piace annunciare il suo nuovo campione appena ripescato dall’immondizia come lo… “zio del tuono“.

Unico anello debole della catena è Hela. Non che Cate Blanchett sia poco azzeccata per la parte, ma il suo personaggio, oltre a essere in costante overacting, è forse l’unico a peccare di originalità, rimanendo piatto e incastrato nello stereotipo fin troppo calcato della “strega cattiva”.

Thor: Ragnarok è un altro, solido tassello con cui Marvel può puntellare il futuro del suo universo cinematografico, una forma di entertainment ormai ben omologata ma difficilmente replicabile che è riuscita, almeno finora, a divertire senza ripetersi, alzando sempre l’asticella quel tanto che basta. Cosa non da poco, considerando anche che tutto l’ingombrante circus dei suoi cinecomic deve sempre muoversi tra gli angusti paletti di un colosso come Disney, con tutti i pro e i contro del caso.

Mi piace: Thor e Hulk qui formano una coppia perfetta e il ritmo del cinecomic è in continuo crescendo

Non mi piace: la villain interpretata da Cate Blanchett è stereotipata all’eccesso

Consigliato a chi: cerca due ore di puro entertainment tra battute ad effetto e azione all’ennesima potenza

Voto: 4 su 5

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